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Negli ultimi anni la neurologia ha visto straordinari progressi. In particolare, l’esplosione dei trattamenti biologici e genetici ha rivoluzionato la gestione clinica di patologie che fino a pochi anni fa erano considerate orfane e intrattabili, come è emerso anche dal recente Congresso della Società Italiana di Neurologia, tenutosi a Roma dal 9 al 12 novembre.
Il meeting, giunto alla sua 54esima edizione, è stato un’occasione preziosa per presentare importanti novità nel campo di diverse patologie di pertinenza neurologica, dalle demenze, alle patologie ischemiche a quelle neurodegenerative, illustrando l’attuale panorama di conoscenze cliniche, terapeutiche e di strategie di prevenzione.

 

Malattia di Alzheimer, le linee della ricerca

Le terapie farmacologiche consolidate per la malattia di Alzheimer (inibitori della colinesterasi e memantina) non modificano il decorso della malattia e forniscono solo un modesto beneficio clinico. Spiega Annachiara Cagnin, Professoressa Associata di Neurologia dell’Università di Padova: “Ad oggi, due anticorpi monoclonali che hanno come bersaglio la proteina beta-amiloide (donanemab e lecanemab) sono stati approvati negli Stati Uniti e in UK, e sono in fase di valutazione da parte di altri Paesi. Gli studi clinici hanno dimostrato che gli anticorpi monoclonali sono efficaci nel rimuovere l'amiloide dal cervello nelle persone con malattia di Alzheimer precoce e che i benefici cognitivi e funzionali sono statisticamente significativi, senza però raggiungere la differenza minima clinicamente importante. Anomalie di imaging correlate all'amiloide di edema vasogenico e microemorragie si verificano più frequentemente durante il trattamento; sebbene questi siano solitamente asintomatici o transitori, in alcune persone sono gravi o fatali. È ritenuto improbabile che il targeting dell'amiloide come strategia unimodale sia sufficiente e le terapie future potrebbero dover essere multimodali, mirando a target che coinvolgono diversi meccanismi patogenetici”.

 

Emicrania e cefalea cronica: le ultime novità sui farmaci

“Negli ultimi 5 anni, l’armamentario terapeutico dell’emicrania si è enormemente arricchito con farmaci target-specifici – illustra Cristina Tassorelli, Professoressa di Neurologia dell’Università di Pavia. “Dagli anticorpi monoclonali diretti contro il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) o il suo recettore, che vanno somministrati per via parenterale mensilmente o trimestralmente, agli ancora più recenti gepanti, antagonisti dello stesso recettore che seguono invece la canonica somministrazione per via orale, i nuovi farmaci stanno cambiando rapidamente lo scenario gestionale dell’emicrania, grazie alla loro efficacia e tollerabilità, ma anche in virtù delle specifiche modalità di somministrazione e di dispensazione.

E mentre molte persone con emicrania che non avevano avuto beneficio dai precedenti trattamenti godono ora di un notevole miglioramento della loro qualità di vita, la ricerca continua con un nuovo anticorpo monoclonale diretto contro un diverso peptide, il PACAP, che si è dimostrato efficace nel trattamento dell’emicrania in uno studio di fase 2”.

 

Nuovi scenari per la gestione in acuto dell’ictus cerebrale

“Sono stati fatti progressi notevoli nella cura dell’ictus ischemico, la forma più comune di ictus – aggiunge Simona Sacco, Professoressa di Neurologia Università de L’Aquila. “La rimozione tempestiva del trombo, tramite farmaci o tecniche meccaniche, può ridurre in modo significativo il rischio di morte e di disabilità. Il trattamento farmacologico include farmaci somministrati per via endovenosa, capaci di dissolvere i trombi. Tra questi, il tenecteplase sta dimostrando di essere più efficace e facile da somministrare rispetto all’alteplase, finora il farmaco standard per il trattamento dell'ictus ischemico. In Italia, è previsto che il tenecteplase sia disponibile per il trattamento dell'ictus a partire dal prossimo anno. Parallelamente, anche i dispositivi meccanici per la rimozione dei trombi hanno subito miglioramenti significativi, permettendo di riaprire i vasi ostruiti in modo più efficace e sicuro. Le tecniche avanzate di imaging, come la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica, supportate da software per lo studio della perfusione cerebrale e intelligenza artificiale, consentono inoltre di identificare in modo affidabile i pazienti che hanno tessuto cerebrale potenzialmente salvabile, estendendo la finestra temporale d’intervento dalle iniziali 4,5-6 ore fino a 24 ore. Questo ampliamento delle possibilità di trattamento consente oggi di intervenire su un numero maggiore di pazienti, migliorando le probabilità di sopravvivenza e gli esiti clinici.

Anche per l’ictus emorragico, la forma meno comune ma più grave causata dalla rottura di un vaso sanguigno all'interno del cervello, ci sono stati recenti progressi nelle strategie di gestione. Studi clinici hanno dimostrato che un controllo rapido della pressione arteriosa e la somministrazione di antidoti nei pazienti in terapia anticoagulante, insieme ad altre misure di supporto, possono migliorare la sopravvivenza e ridurre le disabilità. Recentemente, un importante studio scientifico ha mostrato che in alcuni tipi di emorragia cerebrale, l’evacuazione dell’ematoma tramite piccoli cateteri può apportare vantaggi significativi, aprendo nuove possibilità terapeutiche per i pazienti colpiti da ictus emorragico”.

 

Le prospettive future sul Parkinson

Secondo Fabrizio Stocchi, Professore Ordinario all’Università San Raffaele di Roma, sulla malattia di Parkinson “sono attualmente identificate due principali priorità di ricerca per i prossimi anni: in primo luogo, rallentare la progressione della malattia attraverso l'integrazione di biomarcatori sensibili e terapie biologiche mirate, e in secondo luogo, migliorare i trattamenti sintomatici esistenti, che comprendono terapie chirurgiche e infusionali, con l'obiettivo di posticipare le complicanze e migliorare la gestione a lungo termine del paziente. Il percorso verso la modificazione della malattia è ostacolato dalla fisiopatologia multiforme e dai diversi meccanismi alla base della malattia di Parkinson. Gli studi in corso sono diretti all'aggregazione della alfa-sinucleina, integrati da sforzi per affrontare percorsi specifici associati alle forme genetiche meno comuni della malattia”. E aggiunge: “Nel contesto del trattamento dei sintomi, l'attenzione dovrebbe spostarsi verso il perfezionamento degli approcci esistenti e la promozione dello sviluppo di nuove strategie terapeutiche che mirino ai sintomi resistenti alla levodopa e alle manifestazioni cliniche che compromettono sostanzialmente la qualità della vita. In questo contesto, occorre ricordare i progressi nell’utilizzo della Stimolazione Cerebrale Profonda e dell’utilizzazione della neuroablazione del VIM (nucleo Ventrale Intermedio Mediale del talamo) mediante ultrasuoni focalizzati sotto guida della Risonanza Magnetica (MR-guided Focused Ultra-Sound o MRgFUS), tecniche ormai presenti su tutto il territorio nazionale a conferma della loro efficacia”.

 

Trattamento dell’epilessia: gli orizzonti delle terapie farmacologiche

“Come risultato dei notevoli progressi nella genetica dell'epilessia e dello sviluppo di nuovi modelli di malattia, tecnologie di screening farmacologico, di neuroimmagini e modalità terapeutiche innovative, negli ultimi 10 anni più di 200 nuove terapie per l'epilessia sono attualmente in fase preclinica o clinica, inclusi molti trattamenti che agiscono secondo nuovi meccanismi d’azione – spiega Angelo Labate, Professore Ordinario di Neurologia all’Università di Messina. “Grazie all’individuazione di biomarcatori diagnostici e predittivi, il trattamento dell'epilessia sta subendo cambiamenti, da una visione esclusiva sugli attuali farmaci anticrisi (ASM), che attraverso la loro efficacia e tollerabilità sono sintomatici utili alla prevenzione della refrattarietà e delle recidive, ad una visione incentrata alla persona con epilessia, quindi ad una terapia personalizzata per ogni singolo individuo nella sua complessità. Le potenzialità dei nuovi farmaci di terza generazione, assieme all’avanzato sviluppo di nuove terapie come a esempio quella genica, porterà in un futuro prossimo a terapie meno empiriche sia per il trattamento sia per la prevenzione dell'epilessia”.

 

 

Attualità su Miastenia Gravis e patologie neuroimmunologiche

Rocco Liguori, Professore Ordinario di Neurologia all’Università di Bologna, fa il punto: “I trattamenti tradizionali per la Miastenia Gravis, come gli inibitori dell'acetilcolinesterasi, i corticosteroidi e gli immunosoppressori, hanno dimostrato efficacia, ma sono spesso associati a significativi effetti collaterali a lungo termine e non sempre riescono a determinare il controllo della malattia. Infatti, circa il 15% dei pazienti non risponde adeguatamente alle suddette terapie. I recenti progressi nell’ambito delle terapie molecolari, che includono gli anticorpi monoclonali ad azione differenziata sui linfociti B, sul complemento, sul recettore Fc neonatale e, più recentemente, le terapie CAR-T stanno affermandosi come promettenti presidi terapeutici innovativi”. Aggiunge: “L'integrazione di nuove terapie molecolari nella pratica clinica potrebbe trasformare in modo significativo il panorama terapeutico della MG, offrendo opzioni terapeutiche più efficaci e personalizzate”.

 

Sclerosi multipla: le novità su diagnosi e terapie “Disease Modifying”

Per quanto riguarda la sclerosi multipla (SM) l’aggiornamento dei criteri diagnostici, l’ultimo dei quali del 2024, ha portato ad una progressiva anticipazione della diagnosi con conseguente possibilità di decisioni terapeutiche sempre più precoci. Ricorda Massimo Filippi, Professore Ordinario all’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano: “Chiare evidenze scientifiche dimostrano che è fondamentale iniziare il trattamento appena la malattia viene diagnosticata al fine di modificare l’andamento e ridurre lo sviluppo di disabilità clinica irreversibile”. Negli ultimi anni, il panorama del trattamento della SM si è evoluto in modo importante, grazie in particolare all'introduzione di terapie cosiddette modificanti la malattia (DMT). Sulla base del ventaglio di possibilità, diventa fondamentale identificare il miglior approccio terapeutico al momento giusto per il singolo paziente. Aggiunge Filippi: “Un panel di esperti nazionali, che ho coordinato, ha recentemente raccomandato di considerare una strategia di trattamento con utilizzo precoce di farmaci ad elevata efficacia, tenendo in considerazione il profilo di sicurezza del farmaco, la severità di malattia, l’attività clinica e/o radiologica, fattori correlati al paziente tra cui le sue preferenze. L’espandersi delle conoscenze sui processi fisiopatologici della malattia sta anche guidando la sperimentazione di molecole con nuovi meccanismi d’azione o di penetrazione a livello del sistema nervoso centrale. Combinati con gli sviluppi in ambito di trattamenti sintomatici e riabilitativi della malattia e con la progressiva disponibilità di biomarcatori per il monitoraggio del decorso della stessa, questi approcci sono promettenti per un miglioramento della qualità di vita del paziente con SM e per una riduzione dei costi per la società e il sistema sanitario nazionale”.

 

Sclerosi Laterale Amiotrofica e distrofie muscolari, quali prospettive?

Per quanto concerne la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), “nonostante le ricerche in corso, le opzioni di trattamento sono ancora limitate, sottolineando la necessità di una comprensione più profonda dei complessi meccanismi della malattia e dell'identificazione di nuovi bersagli terapeutici -spiega Valeria Sansone, Professore Ordinario presso l’Università di Milano, Centro Clinico NeMO Milano, che aggiunge: “Sono stati compiuti progressi significativi nel perfezionamento dei criteri diagnostici e nell'identificazione dei biomarcatori, portando a diagnosi più precoci e più precise. Sebbene la presa in carico olistica e gli attuali trattamenti farmacologici offrano alcuni benefici, c'è una chiara necessità di terapie più efficaci”. Attualmente “il tofersen è diventato nel 2023 il primo farmaco oligonucleotide antisenso (ASO) approvato dalla FDA per la SLA: nel febbraio del 2024 ha ottenuto parere favorevole di CHMP di EMA e in Italia è disponibile l’accesso anticipato al farmaco. Somministrato per via intratecale, tofersen si lega specificamente all'mRNA SOD1 (superossido dismutasi1), inibendo la produzione della proteina SOD1 tossica, rallentando così il decorso neurodegenerativo di molti pazienti e parallelamente riducendo i neurofilamenti a catena leggera, biomarcatori della SLA e di altre forme neurodegenerative, in quanto espressione di danno neuronale. L'efficacia e la sicurezza a lungo termine di tofersen richiedono un'ulteriore convalida e lo sviluppo di protocolli di trattamento più ottimizzati è essenziale”.

Anche nel campo delle distrofie muscolari, ed in particolare della Distrofia Muscolare di Duchenne, vi sono nuovi approcci promettenti per rallentarne la progressione, ad esordio infantile, e caratterizzata da ipotrofia e debolezza dei muscoli scheletrici, respiratori e del miocardio, in modo progressivo ed invalidante”. Continua Sansone: “Da inizio agosto 2024, in Italia, è possibile, in un programma di uso compassionevole, proporre ai bambini dai 6 anni in su e deambulanti, givinostat, un inibitore delle istone deacetilasi (HDAC), enzimi che svolgono un ruolo cruciale nella regolazione dell'espressione genica e quindi in grado di intervenire su processi di crescita cellulari e sulla apoptosi. Migliorando i meccanismi di riparazione delle fibre muscolari e quindi riducendo l’infiammazione e la fibrosi, ci si attende che givinostat rallenti l’evoluzione della patologia e soprattutto procrastini la perdita della deambulazione, a cui si associa solitamente quindi anche perdita graduale della funzione degli arti superiori e il peggioramento della capacità respiratoria e cardiovascolare”.

 

Il Convegno SIN ha portato al centro della attenzione dei neurologi e delle neurologhe il tema della Salute del Cervello, avendo promosso di concerto con le varie Associazioni Aderenti, le Associazioni dei malati e dei loro familiari, numerose altre Società Scientifiche mediche e delle professioni sanitarie, unitamente alla Fnomceo, all’Ordine degli Psicologi e all’Ordine dei Farmacisti, il Piano Strategico One Brain, One Heath che mira a fare dell’Italia uno dei Paesi di avanguardia nel contrasto delle malattie neurologiche. In questo ambito, la Sin ha già in atto una interlocuzione con le Istituzioni per la creazione di un Tavolo per la Salute del Cervello e una serie di iniziative che riducano il peso globale delle malattie neurologiche anche attraverso una attiva politica di prevenzione e conoscenza dei fattori di rischio.