Un gruppo di ricerca internazionale ha costruito il più grande database al mondo sulle decisioni politiche relative alla pandemia da Coronavirus. Con CoronaNet i dati su circa 50.000 misure adottate in 195 paesi, alcune fino a livello comunale, possono essere recuperate e filtrate. Il database offre una base altamente granulare governi, ricercatori e media per analizzare l'impatto delle politiche pandemiche. Il progetto è guidato dalla Scuola bavarese di politica pubblica presso l'Università tecnica di Monaco (TUM).
Due nuovi studi sembrano suggerire che il colesterolo Ldl potrebbe non essere il principale driver della malattia cardiovascolare aterosclerotica. I risultati invece indicherebbero come responsabili principali il colesterolo residuo (C-residuo) e il colesterolo VLDL, colpevoli dello di sviluppo di malattie cardiovascolari e di infarto del miocardio.
In genere, i mesi invernali coincidono con il picco della stagione influenzale. Non questo inverno però, dove nello scenario epidemiologico la fanno ancora da padrone le elevate percentuali di casi di Covid mentre i casi di influenza sono rimasti estremamente bassi. Le precauzioni messe in atto per rallentare la trasmissione di Covid-19, come indossare maschere per il viso, lavarsi spesso le mani e le misure di distanziamento fisico, avrebbero contribuito anche a ridurre la trasmissione dei virus influenzali, spiegano gli esperti.
A dispetto di un buon controllo dei fattori di rischio i soggetti con diabete di tipo 2 mantengono un elevato profilo di rischio cardiovascolare rispetto ai controlli senza diabete: lo rivela uno studio pubblicato su Circulation condotto da un gruppo di ricercatori dell'Università di Manchester del Regno Unito.
Si tratta di una paziente, sottoposta a biopsia cutanea per una dermatosi atipica nel novembre 2019, nella quale è stata rilevata la presenza del SARS-CoV-2 con un test eseguito nel dicembre 2019. Il risultato è stato appena pubblicato sul British Journal of dermatology, in una lettera firmata da un team di ricercatori sotto la guida di Raffaele Gianotti, dell'Università Statale di Milano, in collaborazione con lo Ieo e il Centro diagnostico italiano.
Quasi un paziente su quattro con Covid-19 con disfunzione olfattiva ha affermato di non aver recuperato l'olfatto 60 giorni dopo averlo perso: lo ha dimostrato un ampio studio prospettico condotto in Europa e pubblicato sul Journal of Internal Medicine.
L’analisi dei dati relativi alla popolazione americana conferma quanto già osservato nei pazienti italiani. È quanto emerge dallo studio del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano-Bicocca pubblicato su Diabetes Care.