
"Le richieste al Governo del Presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, in merito ai costi per il Servizio Sanitario Nazionale per l’utilizzo dei cosiddetti medici a gettone, conferma di fatto l’istituzionalizzazione della somministrazione di "mano d'opera" in ambito sanitario !" così Pina Onotri, segretario Generale Sindacato Smi sulla lettera dell’ Autorità Nazionale Anticorruzione al Ministro della Salute Orazio Schillaci.
"Ci chiediamo quanto è costata l’esternalizzazione dei servizi sanitari allo Stato. Con le stesse risorse si potevano allineare gli stipendi dei medici italiani a quelli del resto d'Europa ed evitare la grande fuga dal Ssn. Si poteva dire basta una volta per tutte al blocco delle assunzioni a tempo indeterminato. Con i fondi per i medici a gettone si poteva efficientare la sanità pubblica che sta diventando sempre più povera per i poveri, considerando che i cittadini paganti, per le lunghissime liste di attesa si stanno rivolgendo, sempre più, a strutture private".
"Siamo dinnanzi a sempre meno risorse dalla finanza pubblica e a meno introiti dai ticket sanitari. Per questo che l’Anac offrendosi di individuare prezzi di riferimento, di fatto legittima una scelta da parte delle regioni e delle aziende che legittima non è!"
"La riduzione costante delle risorse per sanità in questi anni è stata solo fronteggiata con la rimodulazione o l'introduzione di nuovi tetti di spesa, con la parziale riorganizzazione della rete ospedaliera e un diverso sistema di acquisto e gestione dei beni e dei servizi in ambito sanitario, ma senza incrementare le assunzioni. Tocca abolire i tetti di spesa in merito all'assunzione di personale".
"Sarebbe interessante sapere dal Ministro della Salute quanto si è risparmiato con il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato e quanto invece è stato speso in acquisto di beni e servizi, alla luce del rapporto Agenas di ottobre 2022 che ravvede una grave carenza nel Paese di medici di medicina generale che risultano inferiori rispetto alle medie EU e non omogeneamente distribuiti sul territorio, risultando mancanti nelle aree a bassa densità abitativa o caratterizzate da condizioni geografiche disagiate e di una mancanza considerevole di medici ospedalieri e specialisti ambulatoriali".
"Non ci arrendiamo a questa deriva privatistica e difenderemo la sanità pubblica che deve essere accessibile ed universale".
Il sondaggio di Cimo. Quanti sono i medici pronti a lasciare il posto fisso in ospedale per lavorare come gettonisti? Circa 4 su 10. È il risultato emerso da un sondaggio flash proposto dalla Federazione Cimo-Fesmed ad un campione di 1000 medici: di questi, il 37,6% ha dichiarato di essere pronto a dimettersi da dipendente del Servizio sanitario nazionale per lavorare con una cooperativa. Percentuali che risultano maggiori tra i camici bianchi più giovani (è disposto a lavorare per le coop il 50% di chi ha meno di 35 anni ed il 45% dei dottori tra i 36 ed i 45 anni) e che comprensibilmente si riducono tra i medici più anziani, più vicini alla pensione: “solo” il 28% degli over 55 infatti preferirebbe lavorare a gettone. Interessanti anche le differenze registrate sulla base dei reparti di appartenenza: a sorpresa, i più desiderosi di fuggire verso le cooperative sono i medici che lavorano nell’area dei servizi (che rappresentano il 46% di coloro che dichiarano di voler lavorare come gettonisti), seguiti da chi lavora in emergenza (42%), dai chirurghi (40%) e, infine, dall’area medica (32%).
"Il quadro emerso dal sondaggio non può non destare preoccupazione – commenta Guido Quici, Presidente della Federazione Cimo-Fesmedche riunisce le sigle Anpo-Ascoti, Cimo, Cimop e Fesmed -. È la rappresentazione plastica del disagio dei medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale che iniziano a vedere nelle coop l’unica ancora di salvezza per uscire da un sistema e da un’organizzazione del lavoro ormai insopportabili. Ma se queste percentuali dovessero trasformarsi in dimissioni reali, ci ritroveremmo dinanzi al tramonto definitivo del Servizio sanitario nazionale, svuotato di molte delle sue professionalità e affidato in buona parte a società private che nessuno regola né controlla".
Sono numerose infatti le criticità relative alle cooperative che la Federazione Cimo-Fesmed, aderente a CIDA, denuncia da tempo: l’assenza di trasparenza in merito al percorso formativo dei medici proposti, che spesso sono neolaureati senza alcuna specializzazione; l’impossibilità di controllare il rispetto della normativa sull’orario di lavoro ed il riposo obbligatorio tra un turno e l’altro, che mette a rischio la sicurezza delle cure e, quindi, i pazienti; la difficoltà di inserirsi in un contesto lavorativo ogni volta diverso, che segue regole, protocolli e un’organizzazione che solo un dipendente può conoscere bene e rispettare; l’ingiustizia di far guadagnare al gettonista anche il triplo di quello che guadagna un dipendente nel corso del medesimo turno di servizio, avendo inoltre un carico di responsabilità inferiore.
Sebbene l’aspetto retributivo, e quindi la possibilità offerta dalle cooperative di guadagnare molto di più lavorando molto di meno, sia uno dei motivi principali che spinge sempre più medici verso le prestazioni a gettone, in realtà per il 52,4% dei medici che hanno risposto al sondaggio sono altri gli aspetti che inducono a valutare la possibilità di lavorare con le coop: primo fra tutti, la certezza di poter gestire meglio il proprio tempo, di migliorare la qualità della propria vita, di avere maggiore autonomia e flessibilità, di dover svolgere una quantità minore di compiti burocratici.
"Lo ripeto ancora una volta – conclude Quici -: se non si valorizza la professione medica, adeguando gli stipendi alla media europea, migliorando le condizioni di lavoro in ospedale e dando concrete possibilità di carriera, tra pochi anni dovremo celebrare il funerale del Servizio sanitario nazionale. Occorre intervenire subito, perché forse è già troppo tardi".
Anac sollecita l’intervento del Ministro della Salute. ll presidente dell'Anac, Giuseppe Busia, ha scritto una lettera al ministro della Sanità, Orazio Schillaci e al ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, per sollecitare un decreto ministeriale che faccia chiarezza sulla questione dei 'medici a gettone' e dia dei criteri per stabilire prezzi congrui. "Per sopperire all'attuale carenza di medici ormai diffusa in numerosi comparti ospedalieri- spiega Busia in una nota - le Aziende sanitarie sono indotte ad aggiudicare appalti, spesso mediante procedura negoziata, alla quale partecipa un numero ridotto di operatori economici, in particolare per assicurare alcuni servizi quale quello di guardia medica presso il Pronto Soccorso, nonché a corrispondere compensi particolarmente elevati per ciascun turno".
L'Autorità intende mettere a disposizione il proprio supporto a ospedali e aziende sanitarie per la predisposizione di questi affidamenti professionali, anche con riferimento alla tempestiva e corretta programmazione dei fabbisogni e all'individuazione di importi a base di gara congrui. Nelle ultime settimane, infatti, sono giunte ad Anac parecchie richieste di parere sulla congruità dei prezzi per 'forniture di servizi medico-sanitari disposti in somma urgenza'. Non esiste però alcun quadro normativo certo, che possa indicare come procedere con tali assunzioni 'a ore', con quali limiti, entro quali prezzi, con che tipo di durata giornaliera. "Come già fatto per i dispositivi medici e altri servizi sanitari, l'Autorità potrà provvedere alla individuazione dei prezzi di riferimento, ove siano forniti i dati necessari in relazione ai servizi oggetto di attenzione, secondo criteri fissati con Decreto del ministero dell'Economia e delle Finanze e del ministero della Salute", spiega Busia.
Anac, conclude, si mette a disposizione per "contribuire a individuare le azioni più efficaci che possano perseguire il contenimento della spesa pubblica ed il miglioramento della qualità dei servizi offerti".