EvdRitorna a far discutere l'eventuale proposta del ministro della Salute, Orazio Schillaci, resa pubblica dai media, delineata con l’apporto di alcune Regioni e in via di definizione, che punterebbe sulla centralità delle Case di Comunità (CdC) in cui eserciterebbero anche medici di famiglia dipendenti dal Ssn. Il segretario di Fmt Francesco Esposito rigetta questa prospettiva bollando la questione come ideologica e il presidente della Fnomceo precisa che l'attivazione del ruolo unico, introdotto dalla nuova convenzione, vanifica qualsiasi intervento sulla natura del rapporto di lavoro dei medici delle cure primarie che intacchi quel rapporto di fiducia reciproca e continuità che è l'architrave dell’assistenza territoriale italiana.

Fmt: il governo sbaglia sul passaggio alla dipendenza dei medici di famiglia
Per Francesco Esposito, segretario nazionale di Federazione Medici Territoriali-Fmt: “Il 2025 parte male: l’anno nuovo si apre con una proposta vecchia, sbagliata, e superata dalla storia. Ogni scelta di riorganizzazione dei servizi deve partire dalla centralità del paziente, dalla domanda di salute, da un’analisi della realtà territoriale del nostro Paese. Invece, da mesi assistiamo alla stessa cantilena: le ‘Case di Comunità’ come soluzione di tutti i problemi, e sia chiaro, i medici di famiglia sono disponibili a coprire anche i turni di queste strutture in rapporto al numero di assistiti assegnati. Ma andiamo nel merito della questione, queste ‘cattedrali nel deserto’ non decollano non solo per un deficit di personale, ma anche perché non possono coprire tutta la domanda di salute dei cittadini: a fronte di 1.420 Case di comunità ci sono oltre 8.000 comuni in zone montane e rurali; dove, spesso, i pazienti sono anziani con problemi di cronicità, che rimarrebbero quindi privi di adeguata assistenza sanitaria. In alcuni contesti urbani, le città, questi ‘mega ambulatori’ possono anche essere funzionali, ma in altri che sono la maggioranza, appunto i piccoli comuni, si deve continuare a puntare sulla capillarità degli ambulatori e sul potenziamento (con più risorse, tecnologia e personale) della medicina di gruppo, come le Unità di cure primarie, già esistenti e che funzionano molto bene. Se si ‘obbligano e deportano’ i medici  nelle Case di Comunità, intere zone dell’Italia rimarranno senza assistenza medica. Facciamo appello all’Anci, in questo senso, affinché faccia sentire la sua voce”.
Ideologico, poi, il dibattito sulla dipendenza per i giovani medici di famiglia (positiva invece la previsione di una riforma della formazione, in direzione della specializzazione) che accedono alla professione - conclude Esposito - sarebbe una ipotesi che non vede il favore dei colleghi e che non è funzionale al buon funzionamento del sistema, innanzitutto perché fa venire meno il rapporto fiduciario con il paziente e la libera scelta del cittadino a farsi curare dal medico che preferisce e di cui si fida. Come giustamente scrive Maurizio Sacconi sul suo blog: ‘Se trasformarli (ideologicamente) in dipendenti costituirebbe un regresso rispetto alla funzione fiduciaria di prossimità, vincolarli alle società tra professionisti significa farli evolvere verso un efficiente livello di servizio per i pazienti’. Appunto, la strada è la medicina di gruppo, attraverso l’autonomia e l’indipendenza del professionista”.

Fnomceo: "Non c'è  necessità di intervenire sulla natura del rapporto di lavoro dei Mmg"
Venti milioni di ore l’anno: è il tempo che, già oggi, gli oltre quarantamila medici di medicina generale italiani sono pronti a dedicare ai servizi per i cittadini nelle Case di Comunità. E questo grazie alla nuova convenzione, che per molti aspetti diventa operativa nel 2025, attivando finalmente, per i medici di medicina generale, il ruolo unico. Cosa significa? Che non c’è più differenza, ad esempio, tra medici di famiglia e medici di continuità assistenziale. Ogni medico di medicina generale deve mettere a disposizione della Asl 38 ore settimanali, tra attività oraria e attività a ciclo di scelta, con progressiva riduzione dell’attività oraria rispetto all’aumento degli assistiti, sino al massimale di 1.500 pazienti. Quindi già oggi, semplicemente applicando l’accordo collettivo nazionale, i medici di medicina generale hanno un monte ore che potrebbero svolgere nelle Case di Comunità. A spiegare tutto nei dettagli, il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, in un video per il Tg Sanità, girato a conclusione dell’ultima riunione del Comitato Centrale prima delle elezioni. Un comitato che ha affrontato, tra i numerosi argomenti all’ordine del giorno, anche quello della medicina generale e delle ipotesi di riforma circolate nei giorni scorsi.
“Anno nuovo – esordisce Anelli, sintetizzando quanto emerso dalla discussione - vita nuova: sarà così la nuova medicina generale, una forma completamente nuova, diversa dal passato, dove accanto all'assistenza erogata ai propri pazienti i medici di famiglia garantiranno anche un numero determinato di ore nelle varie strutture, tra cui anche le case di comunità”.
“Il medico di famiglia dal 2025 – continua - sarà praticamente un medico che svolge un'assistenza oraria e a ciclo fiduciario, in modo tale da coprire tutte le esigenze che possono esserci proprio nel garantire quell'assistenza primaria che è stata il fiore all'occhiello di questo nostro Servizio sanitario nazionale e che ci ha consentito di raggiungere quei traguardi straordinari, tra cui l'aumento del numero degli anziani e quindi dell'indice di sopravvivenza”.
“Oltre 20 milioni di ore l’anno potranno essere garantite – calcola Anelli - oltre 270 ore a settimana per ogni casa di comunità. Sono solo alcuni dei numeri straordinari che potranno essere garantiti proprio dai medici di medicina generale per erogare servizi, e attraverso le aft, che sono le aggregazioni funzionali territoriali, e poi nelle case di comunità, appunto, insieme agli altri professionisti che saranno presenti: per esempio le vaccinazioni, per esempio tutta l'assistenza infermieristica, la presa in carico delle malattie croniche, il lavoro che si potrà fare con gli specialisti convenzionati”.
“Insomma, un anno nuovo – conclude Anelli - un anno diverso, una medicina territoriale che evolve e va verso il futuro. L'augurio è a tutti i medici e al nostro Servizio sanitario nazionale che questa nuova modalità riesca a dare ancora più salute a tutti”. E tutto questo già da subito, da quando saranno attive le CdC, senza necessità di intervenire sulla natura del rapporto di lavoro o di intaccare quel rapporto di fiducia reciproca e continuità che è stato voluto per l’assistenza territoriale italiana, e che, come le evidenze scientifiche dimostrano, è in grado di allungare la vita dei cittadini.