EvdLe Regioni hanno presentato al Ministero della Salute una proposta di riforma dell’assistenza territoriale che potrebbe segnare un cambio di rotta decisivo nella gestione dei Mmg. Il fulcro della proposta è l’evoluzione del rapporto tra i professionisti e il Servizio sanitario nazionale (Ssn), ripartendo dai principi ispiratori recati dalla legge istitutiva del Ssn: articolo 25 (Prestazioni di cura) della legge 23 dicembre 1978, n. 833, “L’assistenza medico-generica e pediatrica è prestata dal personale dipendente o convenzionato del servizio sanitario nazionale operante nelle unità sanitarie locali o nel comune di residenza del cittadino (...)".
Il documento sottolinea come la relazione tradizionale tra Mmg e Ssn, basata su convenzioni collettive nazionali, non sempre riesca a garantire l’efficienza necessaria per sfruttare appieno le strutture di assistenza primaria previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).
La riforma parte dal presupposto che le infrastrutture territoriali (Case di Comunità, Ospedali di Comunità, Infermieri di Comunità e assistenza domiciliare potenziata) siano già state avviate o in fase di realizzazione. Tuttavia, senza una revisione del ruolo dei Mmg e dei Pediatri di libera scelta (Pls), il sistema rischia di non funzionare al meglio. Le Regioni chiedono quindi che la normativa venga aggiornata per consentire una maggiore flessibilità e una più efficace programmazione dell’assistenza primaria, garantendo una risposta adeguata alle esigenze dei cittadini.
Uno dei punti chiave della proposta è la possibilità per i medici convenzionati di optare per la dipendenza all’interno del Ssn, mantenendo al tempo stesso il rapporto fiduciario tra medico e paziente, elemento imprescindibile della Medicina generale. Questa flessibilità permetterebbe di valorizzare la figura del Mmg senza stravolgere la sua funzione di riferimento per la comunità.

I dieci pilastri della riforma
La proposta delle Regioni si articola in dieci punti chiave:
1.    Formazione specialistica: trasformare il corso di formazione dei Mmg in una specializzazione universitaria, analogamente ad altre discipline mediche, indipendentemente dal regime contrattuale futuro (dipendenza o convenzione).
2.    Parametri standardizzati: definire criteri uniformi per il numero di medici rispetto alla popolazione residente e per la distribuzione delle risorse economiche destinate alla medicina primaria.
3.    Programmazione regionale: permettere alle Regioni e alle Province autonome di scegliere se assumere Mmg come dirigenti medici o stipulare convenzioni, in base alle necessità locali.
4.    Regime transitorio: introdurre misure per consentire fin da subito il reclutamento di dirigenti medici per le cure primarie, anche senza la conclusione della specializzazione universitaria.
5.    Integrazione normativa: aggiornare il Dpr n. 483/1997 per includere i dirigenti medici delle cure primarie nel sistema di reclutamento della dirigenza sanitaria.
6.    Opzione per gli attuali Mmg e Pls: garantire ai professionisti già in convenzione la possibilità di passare alla dirigenza medica con percorsi agevolati.
7.    Valorizzazione del ruolo medico: incentivare la crescita professionale dei Mmg, permettendo l’accesso a scuole di specializzazione complementari alle cure primarie, come geriatria o cardiologia.
8.    Nuovo modello contrattuale: trasformare il sistema convenzionale in un modello di accreditamento, favorendo la creazione di gruppi di medici operanti nelle Case della Comunità.
9.    Obblighi operativi per i medici convenzionati: stabilire requisiti normativi stringenti in termini di debito orario, sedi di lavoro e strumenti informatici da adottare, superando la contrattazione collettiva nazionale.
10.    Sostenibilità economica: garantire la copertura finanziaria integrale della riforma, evitando impatti negativi sulle risorse sanitarie già esistenti.
La proposta delle Regioni apre un dibattito fondamentale per il futuro dell’assistenza territoriale. Il passaggio da un modello esclusivamente convenzionato a una possibile dipendenza dei medici potrebbe migliorare la governance della medicina primaria, garantendo maggiore continuità nell’erogazione dei servizi e nell’integrazione con le infrastrutture sanitarie locali. Tuttavia, la sostenibilità economica e l'accettazione da parte della categoria medica restano sfide cruciali da affrontare.

Il vulnus della sostenibilità economica

La riforma della medicina territoriale non può infatti prescindere dal fatto che la medicina convenzionata è una colonna portante del Ssn e garantire la sua sostenibilità economica è cruciale per il futuro dell’assistenza sanitaria nel Paese. E questo è uno dei problemi più critici da affrontare perché  quando si parla di medici di famiglia, spesso si considera solo il numero dei Mmg che oggi sono circa 37mila. Tuttavia, la rete dell’assistenza territoriale convenzionata con il Ssn è molto più ampia. A questi si aggiungono circa 10mila medici di continuità assistenziale, 7mila pediatri, 13mila specialisti ambulatoriali e 7mila infermieri di famiglia e comunità. E il quadro non è ancora completo: occorre includere anche i medici del 118, dell’emergenza territoriale, i sanitari penitenziari, quelli della medicina dei servizi e i veterinari convenzionati. Il totale dei professionisti coinvolti è dunque il doppio rispetto ai soli Mmg, un dato che ha implicazioni significative non solo sulla gestione del personale ma anche sul fabbisogno finanziario necessario per sostenere l’intero sistema. Una corretta programmazione delle risorse deve tenere conto di questa complessità, assicurando che ogni settore dell’assistenza territoriale abbia finanziamenti adeguati e una gestione efficace.

Anna Sgritto