“Turni da 12 ore? Non siamo operatori a chiamata.” È questa la risposta netta dello Snami alle dichiarazioni del Ministro della Salute, che ha parlato della disponibilità dei medici di medicina generale a lavorare su orari prolungati nelle Case di Comunità.
Il sindacato, non contesta la necessità di rafforzare la medicina territoriale, ma mette in discussione il modello organizzativo proposto. “La disponibilità al confronto c’è,” si legge nel comunicato, “ma non possiamo accettare soluzioni che snaturano il nostro ruolo e ignorano la complessità del lavoro sul territorio.”
Lo Snami sottolinea come la medicina generale non possa essere ridotta a una turnazione da pronto soccorso. Il rapporto fiduciario con il paziente, la continuità assistenziale e la personalizzazione delle cure sono elementi fondanti che rischiano di essere compromessi da un approccio troppo rigido e burocratico.
A chiarire ulteriormente la posizione del sindacato interviene il presidente nazionale, Angelo Testa: “Non siamo contrari al cambiamento, ma non possiamo accettare modelli imposti senza ascolto. I medici di famiglia non sono dipendenti da turnare, ma professionisti che garantiscono assistenza continuativa e personalizzata. Le Case di Comunità devono essere costruite attorno ai bisogni dei cittadini e non su logiche aziendali.”
Il sindacato propone invece un modello flessibile, basato su équipe multidisciplinari, orari modulabili e una reale integrazione tra professionisti. “Le Case di Comunità devono essere luoghi di cura, non semplici contenitori di orari,” afferma lo Snami, che invita il Ministero a un confronto serio e strutturato.
Il dibattito è aperto, e il futuro della medicina territoriale passa anche da qui: dal riconoscimento del valore professionale dei medici di famiglia e dalla costruzione di modelli che siano sostenibili, efficaci e rispettosi delle persone che li rendono possibili.