Francesco Esposito
Segretario nazionale Fismu


"Intanto i 7 miliardi di euro del Recovery Fund disponibili per migliorare l’assistenza territoriale rischiano di essere buttati al vento se i medici di famiglia non si convinceranno ad andare a lavorare dentro le 1.288 nuove case della Comunità previste entro il 2026" .Questa è la conclusione dell'articolo a firma di di Milena Gabanelli, Mario Gerevini, Simona Ravizza, apparso sul Corriere della Sera dal titolo: "Medici di base, inchiesta sulla loro lobby di potere".  Francesco Esposito, segretario nazionale Fismu, non entra in polemica con quanto asserito nell'articolo, ma proprio non ci sta a lasciar passare il concetto che i medici di medicina generale saranno gli artefici dello spreco di risose e del fallimento delle Case di Comunità. Pur sottolineando a M.D.Digital  che: "Oggettivamente il problema di come verranno utilizzate i fondi del Recovery Fund per le Case di Comunità è un problema reale", tiene a precisare che al momento c'è il rischio che queste diventino le ennesime ‘cattedrali nel deserto’.
Il potenziamento delle cure primarie non può più passare attraverso formule e slogan, basti pensare alle ‘Case della Salute’, che in alcuni casi sono rimaste rimaste dei contenitori  vuoti o addirittura non sono neppure state avviate. "Ci si continua a concentrare sulle strutture fisiche, anche nel Recovery Fund - precisa Esposito - ma sono ancora  da chiarire gli aspetti operativi e la gestione delle risorse umane. Come  verranno utilizzate tali strutture è un  fattore determinante, visto che entro il 2026 la riconversione degli studi dei Mmg dovrebbe essere cosa fatta. C'è poi un problema di personale e su questo fronte tutto tace. Al momento, vista la carenza futura dei Mmg non c'è ancora nessuna indicazione di un aumento delle borse di studio per la MG, così come non si aumenta il numero delle specializzazioni paramediche e infermieristiche per poter avere operatori sufficienti da inserire nelle CdC".
"Inoltre, da un punto di vista orografico - continua - il nostro Paese crea delle difficoltà oggettive alla realizzazione delle Case di Comunità in piccole comunità montane, con il rischio che il bacino di utenza di quel territorio non abbia l'assitenza territoriale di cui oggi gode, vista la capillarità degli studi medici. Si rimane legati alla mera divisione numerica della popolazione senza tenere conto delle caratteristiche del territorio e della popolazione stessa che vi abita. Non si prende in considerazione quale paziente e con quale modalità operativa il team mutidisciplinare lo prenderà in carico e quale sarà la sua articolazione. Motivo per cui in primis bisogna affrontare il nodo delle forme organizzative dei Mmg attraverso una riforma delle forme associative della Medicina Generale. Una volta stabilite, allora si può andare a pensare come inserire strutturalmente i Mmg nelle Case di Comunità".
Per Esposito le CdC hanno molte criticità  e troppe similitudini con le Case della Salute che  hanno avuto risultati scadenti in termini di obiettivi di risultato, come gia ben hanno evidenziato i dati pubblicati da Agenas. "Nel nostro Paese - tiene infatti a sottolineare il segretario nazionale Fismu - abbiamo degli esempi lampanti di come molte riforme che hanno riguardato la ristrutturazione dell'assistenza territoriale non siano state applicate. Basti considerare le Case della Salute e lo stato dell'arte a macchia di leopardo dell'Uccp e delle Aft. Bisogna poi tener presente che mentre il Recovery Fund graviterà  sulla spesa comunitaria, per quanto concerne il personale, il loro costo graviterà sul Bilancio dello Stato".

(A.S.)