
Lo studio “Il finanziamento del Servizio sanitario nazionale: dalla determinazione del Fabbisogno alle allocazioni sulle Aziende Sanitarie”, realizzato da Crea Sanità in collaborazione con Federsanità-Anci e Salutequità a Roma, ha evidenziato come il finanziamento sia un elemento cruciale per garantire equità di accesso alle prestazioni e per incentivare l’efficienza del sistema.
Tuttavia, esiste un forte scollamento tra la programmazione centrale e le scelte regionali: alcune Regioni adottano criteri di allocazione molto più dettagliati rispetto a quelli nazionali. Ad esempio, il Piemonte distingue 27 categorie per il riparto delle risorse, mentre l’Emilia-Romagna ne utilizza 13. Anche i criteri di riparto intra-regionali variano considerevolmente: il Piemonte applica 16 criteri aggiuntivi, l’Emilia-Romagna 14, la Campania 5 e la Basilicata 4.
Il finanziamento dell’assistenza distrettuale varia notevolmente tra le Regioni, con percentuali che oscillano attorno al 50% del totale. Inoltre, le risorse assegnate attraverso le Quote premiali non seguono criteri oggettivi ma vengono distribuite tramite accordi politici.
Lo studio sottolinea anche come il processo di finanziamento sia caratterizzato da scarsa trasparenza e accountability variabile tra le Regioni. Serve un approccio più strutturato, con algoritmi di riparto basati su dati aggiornati, criteri più chiari nell’allocazione delle risorse e investimenti mirati per riequilibrare il rapporto tra sanità ospedaliera e territoriale.
I commenti
Federico Spandonaro (Università di Roma Tor Vergata, Crea Sanità): “L’analisi della regolamentazione del finanziamento del Ssn e dei Ssr è cruciale per comprendere l’evoluzione del federalismo e della gestione sanitaria regionale. Gran parte delle risorse regionali è destinata alla sanità, con il principio della legislazione concorrente e i piani di rientro che hanno rafforzato la responsabilizzazione finanziaria e la garanzia dei Lea. L’analisi del finanziamento è complessa e spesso carente a livello regionale, nonostante le scelte di allocazione abbiano un impatto strategico su equità ed efficienza. L’aggiornamento di una ricerca condotta la prima volta nel 2015, si è reso necessario anche a causa di modifiche normative, come il D.Lgs. 68/2011 sul fabbisogno sanitario e il D.Lgs. 118/2011 sulla Gestione Sanitaria Accentrata (Gsa), che ha formalizzato l’accentramento delle risorse regionali. Inoltre, la creazione delle “Aziende Zero” ha modificato la gestione delle funzioni centrali e della Gsa. Il nuovo studio analizza l’intero processo di finanziamento, dal livello nazionale a quello regionale, considerando la determinazione del Fsn, la sua suddivisione, il riparto alle Regioni e la distribuzione intra-regionale. L’analisi copre un quinquennio partendo dal 2019. La metodologia prevede prima un’analisi qualitativa, poi una quantificazione dei flussi finanziari e infine una sintesi dei risultati. La ricerca conferma che la trasparenza del finanziamento sanitario è insufficiente e che l’accountability regionale è variabile. L’obiettivo futuro è superare le analisi occasionali e avviare un monitoraggio continuo per garantire una gestione più equa ed efficiente delle risorse sanitarie”.
Fabrizio d’Alba (Pres. Federsanità, Dir. Gen. Policlinico Umberto I – Roma): “Il Pnrr è vicino al completamento nella creazione di strutture territoriali e nell’implementazione di tecnologie per la gestione remota del paziente, ponendo le basi per l’attuazione del Dm 77. Gli investimenti in conto capitale sono stati coerenti con la visione della sanità territoriale, ma ora serve garantire coerenza anche nell’allocazione delle risorse correnti per rendere pienamente operative le nuove strutture. Nonostante si parli da anni di spostare attività dall’ospedale al territorio, la ripartizione del Fsn non è stata modificata dal 2011, mantenendo invariati i finanziamenti tra assistenza distrettuale, ospedaliera e prevenzione. Dopo il 2026, sarà necessario rivedere questa distribuzione per sostenere il nuovo modello di assistenza. Le scelte allocative influenzano direttamente la politica sanitaria, determinando la capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini. Il tema dei Lea si lega alla sostenibilità del Fsn, che difficilmente potrà essere incrementato, rendendo necessaria una revisione delle prestazioni incluse, delle forme di compartecipazione alla spesa e del ruolo dei fondi sanitari integrativi. La disomogeneità nella ripartizione del Fsn tra le Regioni e nei sistemi di finanziamento delle Aziende Sanitarie evidenzia differenze nella gestione delle risorse. Alcune Regioni hanno modificato la storica ripartizione del 2011, utilizzando la Gsa (gestione sanitaria accentrata) come leva per rafforzare specifiche attività. Infine, le disparità nei bilanci aziendali sollevano dubbi sulla loro capacità di valutare la gestione economica delle aziende e alimentano giudizi semplicistici che ostacolano una partecipazione costruttiva alla programmazione sanitaria”.
Tonino Aceti (presidente Salutequità)
“Non è più rinviabile la definizione di una metodologia di calcolo del fabbisogno sanitario standard, in grado di superare concretamente lo «storico» e la sola «negoziazione politica» passando a criteri più oggettivi e aggiornati, come i Lea, il tasso rinuncia alle cure e di povertà, le caratteristiche della popolazione, l’epidemiologia, l’innovazione tecnologica, personale e infrastrutture adeguati, standard organizzativi/strutturali/tecnologici, mobilità sanitaria, caratteristiche orografiche del territorio. Il finanziamento del Ssn deve essere agganciato a una strategia pluriennale per la salute e il rafforzamento del Ssn, attraverso la definizione e l’approvazione di un nuovo Piano Sanitario Nazionale, che manca da circa 15 anni, da adottare però con una procedura più “forte” rispetto a quella prevista nel 2006.
Si devono modificare i criteri di riparto del Fondo Sanitario, dando più peso alla deprivazione sociale e quelli della quota premiale, passando dalla negoziazione tra Regioni a criteri trasparenti, obiettivi, vincolanti e attuali. E ancora, passare da un sistema di pagamento per prestazione a uno che finanzi percorsi terapeutici e i loro risultati di salute superando il silos budget e mettendo al centro il valore delle cure. Poi, semplificare l’accesso ai fondi per l’edilizia sanitaria e incentivare la ricerca e l’innovazione per rendere il Ssn più efficace e sostenibile a lungo termine”.
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