EvdAlla domanda se una riduzione dei lipidi aggressiva è più vantaggiosa per i pazienti con sindrome coronarica acuta la risposta è indubbiamente positiva. La domanda seguente riguarda se sia meglio iniziare il trattamento con statine ad alte dosi oppure adottare la strategia di una terapia di combinazione già nella fase iniziale. Perché se “the lower, the better” allora l’uso della terapia di combinazione sarebbe in grado di abbassare il colesterolo Ldl meglio rispetto all’uso delle sole statine.
Per rispondere a questa domanda, ci sarebbe bisogno di un vero e proprio studio randomizzato, che costerebbe troppo e richiederebbe troppo tempo. Pertanto, un gruppo di ricercatori ha utilizzato i dati del Registro polacco delle sindromi coronariche acute, che contiene dati su tutti i pazienti affetti da ACS in Polonia. Ne è risultata un'analisi prospettica che ha coinvolto 38.023 pazienti con sindrome coronarica acuta.
Dei 780.401 pazienti che hanno lasciato l'ospedale, i ricercatori hanno esaminato solo i pazienti che assumevano atorvastatina o rosuvastatina. L'analisi non ha incluso i pazienti trattati con statine meno potenti e inoltre comprendeva solo i pazienti con dati sul C-Ldl e sulla mortalità. Con questo filtri, il numero di individui è stato ridotto a 38.023 pazienti. Di questi pazienti, 768 assumevano una combinazione di statina ed ezetimibe subito dopo una SCA. Quando i ricercatori hanno confrontato gli esiti di mortalità a 3 anni tra il gruppo in combinazione e il gruppo con sola statina, è stata osservata una riduzione del rischio relativo di mortalità per tutte le cause del 47% (OR 0.526). La riduzione del rischio assoluto è stata del 4.7% a 3 anni, il che si traduce in un numero necessario da trattare (NNT) di appena 21 per prevenire 1 decesso.
C’è stata una riduzione significativa in soli 52 giorni di trattamento. Pertanto, i benefici si manifestano rapidamente. E, quando i ricercatori hanno considerato i risultati per 1, 2 e 3 anni, i benefici hanno continuato ad accumularsi (i dati all'anno 1 erano 5.9% vs 3.5%, p=0.041; all'anno 2 erano 7.8% vs 4.3%, p=0.019 e all'anno 3 era 10.2% contro 5.5%, p=0.024). È risultato evidente che le differenze continuano a divergere nel tempo.
All'interno del gruppo trattato con statina, i ricercatori hanno anche confrontato atorvastatina con rosuvastatina per vedere se c'erano differenze tra loro. Hanno scoperto che il gruppo rosuvastatina aveva una riduzione del 21% nell’esito rispetto ai pazienti che assumevano atorvastatina (OR 0.790).
Quindi, nel complesso, questo studio del mondo reale dice sostanzialmente che se la riduzione dei livelli di C-Ldl determina benefici evidenti, soprattutto quando la terapia è affidata a rosuvastatina, più potente di atorvastatina. Allo stesso modo, l’associazione ezetimibe/statina ha determinato una riduzione ancora maggiore dei livelli di C-Ldl, configurando l’associazione come una migliore strategia terapeutica. Una delle criticità imputabili allo studio è quella relativa al numero relativamente basso di pazienti in ciascun gruppo, cui fa seguito la considerazione che gli studi randomizzati e controllati con ezetimibe in combinazione con simvastatina non hanno mostrato alcun beneficio in termini di mortalità. Sarebbe quindi auspicabile che vengano condotti ulteriori studi su campioni di maggiori dimensioni, in modo da fornire o meno la conferma di benefici in termini di mortalità. Ma nel frattempo il cosniglio dei ricercatori è quello di utilizzare la terapia combinata nei pazienti post-SCA: se i risultati di questo studio venissero confermati, avremmo dato ai pazienti un grande vantaggio in termini di sopravvivenza. Al contrario, se i risultati dello studio venissero screditati, l’utilizzo sin dall'inizio di una terapia di combinazione non avrebbe procurato alcun nocumento a questi pazienti.

Bibliografia
Lewek J, et al. Intensive Statin Therapy Versus Upfront Combination Therapy of Statin and Ezetimibe in Patients With Acute Coronary Syndrome: A Propensity Score Matching Analysis Based on the PL-ACS Data. J Am Heart Ass 2023;12:e030414. https://doi.org/10.1161/JAHA.123.030414