
Ibrutinib, primo inibitore della tirosin chinasi di Bruton (Btk) a essere stato approvato a livello mondiale e sviluppato da Johnson & Johnson, ha recentemente ricevuto dall’Aifa, la rimborsabilità per una nuova indicazione terapeutica. In particolare, il farmaco è ora disponibile anche in combinazione con venetoclax, inibitore di Bcl-2, come nuovo trattamento a durata fissa - per un totale di 15 mesi - per pazienti adulti con leucemia linfatica cronica (Cll) precedentemente non trattata.
La leucemia linfatica cronica è la forma di leucemia più frequente tra gli adulti nei paesi occidentali e rappresenta il 30 per cento di tutte le forme di leucemia, che oggi colpiscono complessivamente 85.000 italiani.
In Italia le stime parlano ogni anno di circa 1.600 nuovi casi tra gli uomini e 1.150 tra le donne. Si tratta di una malattia prevalentemente tipica nell’anziano, tuttavia, il 15 per cento dei casi viene diagnosticato prima dei 60 anni.2
“L’arrivo di questa nuova combinazione a base di ibrutinib rappresenta un passo in avanti verso la personalizzazione dei trattamenti per la leucemia linfatica cronica”, sottolinea Luca Laurenti, Professore associato presso l’Istituto di Ematologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
“In particolare, questa nuova terapia combina due molecole che, grazie ai loro meccanismi d’azione, risultano tra le più efficaci tra quelle oggi a disposizione nella lotta alla leucemia linfatica cronica. In termini di efficacia, per esempio, gli studi clinici hanno evidenziato come l’associazione di ibrutinib con venetoclax consenta un periodo libero da trattamento molto lungo, di quasi 5 anni, in 9 pazienti su 10. Oltre alla sua importanza in termini di efficacia, bisogna sottolineare che si tratta del primo trattamento completamente orale, una volta al giorno, senza chemioterapia, a durata fissa per la Cll Questo permette di non dover ricorrere a ricoveri o infusioni endovenose, migliorando la gestione della terapia sia per il paziente che per il medico”.
L’efficacia di questa combinazione deriva dal meccanismo d’azione delle molecole che la compongono. Da un lato, ibrutinib blocca la Btk, una proteina che invia ai linfociti B segnali fondamentali per la maturazione e la produzione di anticorpi, alla base della proliferazione e della migrazione delle cellule tumorali in numerose neoplasie delle cellule B. Dall’altro, venetoclax è un potente inibitore selettivo del linfoma a cellule Bcl-2 (B-cell lymphoma), una proteina anti-apoptotica che risulta sovraespressa nelle cellule di Cll, dove è responsabile della sopravvivenza delle cellule tumorali ed è stata associata a resistenza ai chemioterapici.
“Ibrutinib è stato il primo inibitore della Btk impiegato nel trattamento della leucemia linfatica cronica”, dice Francesca Romana Mauro, Professore associato presso l’Istituto di Ematologia del dipartimento di Medicina traslazionale e di precisione dell’Università Sapienza di Roma.
“Dato il lungo tempo del suo impiego, sono oggi disponibili per questo inibitore, dati molto ‘robusti’ che si basano non solo sul più lungo follow-up registrato per questa classe di molecole, ma anche sul numero molto elevato di pazienti trattati in studi clinici, e soprattutto, nella pratica clinica. La grande esperienza clinica generata ha quindi prodotto una solida real-world evidence circa ibrutinib nella leucemia linfatica cronica. È importante notare che pazienti trattati con il solo ibrutinib in diversi studi clinici, dopo 8 anni di follow-up hanno mostrato una sopravvivenza stimata del tutto simile a quella di una popolazione sana di pari età. Inoltre, ibrutinib ha mostrato efficacia con risposte durature anche in pazienti con alterazioni genetiche prognosticamente sfavorevoli come la delezione e/o mutazione del gene TP53 e lo stato mutazionale Ighv non mutato. Un aspetto importante è rappresentato dalla possibilità di modulare la dose di ibrutinib in rapporto alla tollerabilità del paziente e all’insorgenza di eventi avversi senza che questo abbia un impatto significativo sulla sua efficacia a lungo termine”.