Terapia del melanoma oculare: a Pavia il centro di eccellenza
“Il melanoma oculare è il tumore raro più frequente nell’adulto – afferma Maria Rosaria Fiore, medico radioterapista e referente di patologia al Cnao -. Origina dai melanociti nel tratto uveale (coroide, corpo ciliare o iride). La coroide è il sito più comune coinvolto e dà origine al 90% dei melanomi uveali. Colpisce soprattutto persone tra i 50 e i 70 anni. Sebbene possa manifestarsi in età più giovane, è raro che si presenti prima dei 30 anni. Si stima che, in Italia, siano circa 400 le nuove diagnosi all’anno. La presentazione clinica del melanoma uveale varia in base alla dimensione e alla localizzazione del tumore. In molti casi, il riscontro di melanoma uveale è incidentale durante esami oculari di routine, essendo la maggior parte dei pazienti asintomatica al momento della presentazione. I sintomi visivi più comuni riferiti dai pazienti includono visione offuscata, percezione di lampi o scintille di luce, difetti del campo visivo, mosche volanti e, raramente, dolore oculare. La riduzione della capacità visiva si verifica soprattutto quando le dimensioni del tumore diventano consistenti oppure, sebbene di piccole dimensioni, la malattia è adiacente al nervo o disco ottico o aree responsabili della visione centrale”.
“Storicamente, il trattamento principale per il melanoma uveale era l’enucleazione, cioè la rimozione chirurgica dell’occhio – continua la dott.ssa Fiore -. Negli anni ’70 si è cominciato a mettere in discussione l’efficacia della chirurgia nel prevenire le metastasi, portando ad investigare approcci conservativi. Il melanoma oculare ha rappresentato l’apripista nell’utilizzo clinico della protonterapia. Nel 1975, negli Stati Uniti, fu trattato il primo paziente al mondo con melanoma oculare con questa particolare tecnica di radioterapia. Dagli anni 80 ad oggi vi sono chiare evidenze a supporto del trattamento, che rappresenta una valida alternativa all’enucleazione o alla brachiterapia. Sono numerosi gli studi in letteratura che dimostrano che non vi sono differenze in termini di controllo locale della malattia, cioè di sopravvivenza libera da progressione, permettendo però di conservare l’occhio e, in numerosi casi, anche la funzionalità visiva”.
“La protonterapia – spiega Gianluca Vago, Presidente del Cnao e Direttore del Dipartimento di Oncologia e Onco-Ematologia dell’Università degli Studi di Milano – consente di ottimizzare la dose rilasciata nella sede tumorale e di limitare al massimo quella che raggiunge le strutture e i tessuti sani circostanti, minimizzando gli effetti collaterali a lungo termine. Il melanoma oculare, per la sua posizione delicata vicino a tessuti sensibili, è tra i tumori che possono trarre maggiori benefici dall’adroterapia. Quasi tutti i pazienti raggiungono il controllo di malattia, evitando così interventi chirurgici demolitivi. Al Cnao, dal 2016, curiamo i pazienti con melanoma oculare con questo approccio e siamo centro di riferimento in Italia. Prima del 2016, i malati erano costretti ad andare all’estero per le cure, perché solo un numero molto limitato poteva accedere ai Laboratori Nazionali del Sud dell’Infn a Catania, al momento non più operativo. Cnao è dotato di un fascio di protoni con scanning attivo, che è stato implementato proprio per trattare anche il melanoma oculare. Lo scanning attivo è una tecnica che permette di dirigere con efficienza e precisione il fascio di protoni sulla massa tumorale”.
“Il trattamento oculare con protoni viene eseguito ancora oggi in tutto il mondo con tecnica passiva di distribuzione del fascio e in una sala dedicata esclusivamente al trattamento di quella specifica patologia – afferma Mario Ciocca, Responsabile dell’Unità di Fisica Medica di Cnao -. Nel 2015 i fisici medici del Cnao hanno progettato e realizzato per la prima volta al mondo un adattamento della linea di fascio esistente, in modo da renderla idonea anche ai trattamenti oculari con pari qualità, in particolare abbinando allo scanning attivo del fascio un collimatore personalizzato. Questa strategia si è dimostrata vincente, al punto da rappresentare oggi una modalità di tendenza da parte di altri centri mondiali, al fine di rendere il trattamento oculare con protoni sempre più disponibile nella pratica clinica”.
Il trattamento del melanoma oculare al Cnao è stato reso possibile grazie alla Delibera n° 1189/2019 di Regione Lombardia che ne ha autorizzato e sostenuto l’attivazione confermando il ruolo del Cnao come punto di riferimento per le terapie oncologiche avanzate. Il Dipartimento Clinico di Cnao è diretto dalla Prof.ssa Ester Orlandi.
La cura del melanoma oculare con protonterapia è un esempio di stretta collaborazione multidisciplinare tra vari professionisti, che includono l’oculista specialista in chirurgia oncologica, il radioterapista, il fisico medico e il bioingegnere. “Il primo step della presa in carico del paziente parte nel centro di oftalmologia di riferimento, dove avviene la diagnosi clinica da parte di un oculista esperto – continua la dott.ssa Fiore -. Per garantire la massima efficacia del trattamento, la conferma diagnostica del melanoma oculare deve essere eseguita da un centro di riferimento specializzato. Per questo, il Cnao prende in carico e tratta i pazienti avvalendosi della stretta collaborazione di centri di riconosciuta eccellenza, quali, nei primi anni, la divisione di Oculistica Oncologica degli Ospedali Galliera di Genova e, oggi, l’Oncologia Oculare dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e quella del Policlinico Gemelli di Roma”.
“Alla Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è attiva una struttura dedicata alla chirurgia oncologica oculare – spiega Martina Angi, Direttrice della Chirurgia Oncologica Oculare dell’Int di Milano -. Il trattamento è affidato a un’équipe multidisciplinare che lavora in stretta sinergia per costruire percorsi terapeutici su misura. Seguiamo ogni fase, dalla diagnosi alle terapie sistemiche, passando per la chirurgia e la radioterapia, con un’attenzione particolare alla salvaguardia dell’organo e alla funzionalità visiva, oggi possibile anche grazie alla radioterapia con protoni. Una volta confermata l’indicazione alla protonterapia, il paziente viene sottoposto in Int a un intervento chirurgico oculistico per l’applicazione di quattro clips in tantalio, piccolissimi bottoncini metallici che ‘marcano’ il tumore, cioè delimitano l’area della malattia che dovrà poi essere irradiata con estrema precisione. Il paziente viene poi inviato a Cnao per la radioterapia con protoni, il cui piano di trattamento viene discusso multidisciplinarmente tra gli specialisti di Int e Cnao. La nostra équipe ha sinora inviato al Cnao per il trattamento con protoni oltre 400 pazienti”.
“Dopo l’intervento chirurgico, al Cnao sono eseguite tutte le procedure di preparazione al trattamento con protoni – afferma la dott.ssa Fiore -. Viene effettuata una Tac di centratura con maschera di immobilizzazione personalizzata con cui il paziente eseguirà il trattamento su una sedia dedicata, solidale con un sistema di fissazione dello sguardo. Per ridurre al minimo la dose alle strutture critiche, durante la pianificazione del trattamento viene stabilita una direzione ottimale dello sguardo, grazie ad un sistema ‘Eye Tracking System’ (Ets), dotato di una luce di fissazione per stabilizzare la direzione dello sguardo e monitorare in tempo reale il movimento degli occhi. Per posizionare con precisione l’Ets vengono utilizzati robot e sistemi di tracciamento ottico con cui si verifica l’accuratezza e la riproducibilità di posizione della luce di fissazione. Si tratta di una sofisticata tecnologia sviluppata in collaborazione con il Politecnico di Milano, che permette al paziente di orientare l’occhio nella direzione prefissata. Il trattamento si svolge in 4 giorni consecutivi, con un attento controllo della posizione dell’occhio durante l’irradiazione. Dopo il trattamento, il paziente prosegue il suo percorso di cura in Int, con visite di controllo sia oculistiche che oncologiche”.
“Tra i fattori di rischio ricordiamo alcune condizioni ereditarie come la melanocitosi oculodermica, nevi coroideali preesistenti, che richiedono controlli costanti – conclude la dott.ssa Fiore -. Per la prevenzione è fondamentale la visita oculistica annuale, a partire dai 40 anni”.