Una recente indagine ha avuto l'obiettivo primario di stabilire una relazione causale tra il consumo di alimenti ultra-processati (Upf), definiti come formulazioni prevalentemente derivate da fonti industriali economiche di energia e nutrienti, arricchite con additivi, l'eccesso di assunzione energetica e l'incremento ponderale nell'uomo. Lo studio, un trial randomizzato controllato crossover, ha arruolato soggetti adulti ricoverati stabili nel peso corporeo (età media 31.2±1.6 anni; Bmi medio 27±1.5 kg/m²). I soggetti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere una dieta ultra-processata (classificazione Nova gruppo 4) o una dieta non-processata (classificazione Nova gruppo 1) per due periodi consecutivi di 14 giorni ciascuno. Le diete erano rigorosamente equiparate per calorie presentate, densità energetica complessiva (includendo bevande), macronutrienti, zuccheri, sodio e fibra. I partecipanti erano istruiti a consumare cibo ad libitum.Risultati sull'assunzione energetica e variazione ponderale
L'assunzione energetica metabolizzabile è risultata significativamente maggiore durante il regime dietetico ultra-processato, con un eccesso medio di 508 ± 106 kcal/die (p=0.0001). Questo iperconsumo è stato attribuito primariamente all'aumento nell'assunzione di carboidrati (280 ± 54 kcal/die; p<0.0001) e lipidi (230 ± 53 kcal/die; p=0.0004), mentre l'assunzione proteica è rimasta stabile (?2±12 kcal/d; p=0.85) ).
Le variazioni ponderali erano strettamente correlate alle differenze nell'assunzione energetica (r=0.8, p<0.0001). Durante la fase Upf, i partecipanti hanno registrato un aumento di peso di 0.9 ± 0.3 kg (p=0.009), mentre durante la dieta non-processata si è osservata una perdita di peso di 0.9 ± 0.3 kg (p=0.007). L'analisi della composizione corporea ha rivelato un aumento della massa grassa di 0.4 ± 0.1 kg (p=0.0015) con la dieta ultra-processata e una diminuzione di 0.3 ± 0.1 kg (p=0.05) con la dieta non-processata.
Fattori comportamentali e fisiologici
Nonostante l'equiparazione nutrizionale nominale, si sono riscontrate differenze intrinseche: la densità energetica degli alimenti (escludendo le bevande) era circa l'85% superiore nella dieta ultra-processata. I parametri soggettivi di appetito, come il piacere, la familiarità, la fame e la sazietà, non hanno mostrato differenze significative tra i due regimi.
Tuttavia, il tasso di ingestione dei pasti è risultato significativamente maggiore (es. 17±1 kcal/min) durante la dieta ultra-processata (p<0.0001), una variabile correlata moderatamente con la differenza nell'assunzione energetica complessiva (r=0.45; p=0.047). Si ipotizza che le proprietà oro-sensoriali degli Upf, come la minor durezza, possano aver causato un aumento del tasso di ingestione e un ritardo nel segnale di sazietà.
Conclusioni metaboliche e implicazioni
Non sono state rilevate differenze significative nella tolleranza al glucosio o nella sensibilità all'insulina (indice di Matsuda) tra le diete, potenzialmente mitigate dall'esercizio fisico di intensità moderata richiesto ai soggetti. Ciononostante, sono state osservate variazioni ormonali a digiuno: l'ormone anoressizzante PYY è aumentato e l'ormone della fame ghrelina è diminuito durante la dieta non-processata rispetto al basale.
In sintesi, i dati dimostrano che la limitazione del consumo di alimenti ultra-processati può rappresentare una strategia efficace per la prevenzione e il trattamento dell'obesità, poiché una dieta basata su tali alimenti aumenta in modo causale l'assunzione energetica ad libitum e determina l'incremento ponderale.