Nelle prime fasi della pandemia l’infezione da SARS-CoV-2 è stata osservata prevalentemente come malattia respiratoria. In realtà, con il progredire degli studi, la ricerca sta dimostrando che il virus SARS-CoV-2 sta causando problemi cardiaci più significativi di quanto inizialmente pensato. A lanciare l’allarme è il direttore del dipartimento di cardiologia della Mayo Clinic.

Sintomi debilitanti stanno provocando effetti sostanziali su una minoranza significativa di pazienti post-Covid e non solo negli anziani. Attraverso la ricerca e la sorveglianza per identificare l’intero spettro di malattia sono in corso diversi studi. Fatigue, tosse, dispnea, dolore toracico, mal di testa invalidanti, vuoti di memoria. Sono i sintomi più comunemente descritti dai pazienti clinicamente guariti da Covid-19, ma che a distanza di mesi dal contagio convivono con una qualità di vita peggiorata tanto che sono in corso diversi studi internazionali per valutare la cosiddetta “sindrome post-Covid-19”.

Dal Convegno dedicato a “Occhio e Diabete - Prevenzione, Cura e Prospettive future”, sono emersi interessanti spunti per la gestione dei pazienti affetti da retinopatia diabetica, la prima causa di ipovisione e cecità nei Paesi sviluppati. Gli screening sono fondamentali per riconoscere tempestivamente lo stadio della patologia e impostare il corretto percorso terapeutico. Il Manifesto dei Diritti del Paziente Maculopatico sottolinea l’importanza del coinvolgimento del paziente nel percorso terapeutico.

I mesi di lockdown adottati in tutto il mondo per controllare la diffusione del Covid-19 hanno interferito con la routine della maggior parte delle persone. Durante questo periodo molti di coloro che sono stati costretti a lavorare da casa hanno sofferto di mal di schiena, uno dei problemi più comuni che possono affliggere persone di tutte le età.

Oltre il 30% dei pazienti con malattia di Crohn o colite ulcerosa presenta anche artriti o altre malattie reumatiche, e viceversa. È di fondamentale importanza l’approccio multidisciplinare nella presa in carico delle persone con manifestazioni infiammatorie extra-articolari ed extra-intestinali concomitanti.

È questo il tema di un editoriale pubblicato su Lancet che illustra diverse precisazioni in merito. Mentre il mondo si avvicina a 1 milione di morti per Covid-19 - esordisce l’autore - dobbiamo affrontare il fatto che stiamo adottando un approccio troppo ristretto per gestire il focolaio di un nuovo coronavirus. Abbiamo visto la causa di questa crisi come una malattia infettiva e tutti i nostri interventi si sono concentrati sull’interruzione della trasmissione virale, controllando così la diffusione del patogeno. Ma quello che abbiamo imparato finora ci dice che la storia di Covid-19 non è così semplice.

Secondo uno studio pubblicato sull'American Journal of Kidney Diseases, il danno renale acuto nei pazienti ospedalizzati con Covid-19 è associato a un rischio significativamente più elevato di morte durante il ricovero. Lo studio ha valutato la sopravvivenza e gli esiti renali in 9.657 pazienti adulti ricoverati con Covid-19 in 13 ospedali nell’area di New York tra il 1 marzo 2020 e il 27 aprile 2020.