Che cosa succede a livello neurale quando la comunicazione medico – paziente non funziona? Quali effetti possono avere sul malato, parole dure o atteggiamenti non accoglienti? A queste domande ha cercato di fornire una risposta l'indagine sperimentale FIORE 2 (Functional Imaging of Reinforcement Effects -2), condotta da Fondazione Giancarlo Quarta Onlus con l’Università di Padova e PNC (Padova Neuroscience Center) per misurare gli effetti a livello cerebrale di una cattiva comunicazione nel rapporto terapeutico.
FIORE 2 è il proseguimento di un primo studio che aveva misurato gli effetti a livello cerebrale di una comunicazione rispondente ai bisogni del malato. In questo secondo lavoro, ancora una volta svolto mediante tecniche di neuroimaging (Risonanza Magnetica Funzionale) come il primo, si è messo a fuoco cosa succede nel cervello in presenza di in una relazione che non funziona.
A 30 soggetti sani (11 maschi e 19 femmine di età compresa tra i 19 e i 33 anni) sono state sottoposte, in scansione cerebrale, una serie di vignette raffiguranti varie situazioni sociali di interazione tra due persone, nelle quali il soggetto riceve tre tipi di stimoli detti “rinforzo”: “rinforzo negativo”, in cui il comportamento dell’altro non risponde al bisogno del soggetto, “neutro/di controllo” e “rinforzo positivo”. Ad esempio: stai salendo sul treno con una valigia pesante e la persona dietro di te sbuffa e non ti aiuta (rinforzo negativo), resta immobile e aspetta che tu salga (neutro), ti sorride e ti aiuta a caricare la valigia (rinforzo positivo).
Ciò che è emerso è che ricevere il rinforzo negativo - la parola aggressiva, svalutante, che lascia insoddisfatti - è un’esperienza totalizzante, perché attiva, allo stesso tempo, aree del cervello appartenenti alle sfere cognitiva, emotiva e motoria. A livello di connettività tra le diverse aree del cervello, si è osservato che il rinforzo negativo attiva il network che percepisce ed elabora il dolore con aree sovrapponibili al dolore fisico: la parola negativa, dunque, ferisce. Inoltre, quando la comunicazione non funziona, si è osservata un’attivazione delle aree motorie, come se il soggetto sentisse minata la propria integrità e fosse pronto a fuggire/reagire; non solo, la parola negativa favorisce un comportamento non sociale, evidenza riscontrabile a livello cerebrale con un minor dialogo tra i due emisferi del cervello.
I dati dello studio FIORE 2 sono stati presentati nell'ambito di un convegno dal titolo "FIORE 2: relazione medico paziente, evidenze neuroscientifiche del rinforzo negativo", svoltosi a Milano.
A latere dell'evento il commento di Andrea Di Ciano, Coordinatore delle ricerche scientifiche FGQ, è un messaggio per i medici: “Qualunque atto medico viene realizzato anche attraverso la parola, la quale, come dimostrato da un numero sempre crescente di ricerche scientifiche, è una componente essenziale dell’efficacia dell’atto medico stesso. Pertanto è doveroso e utile avere cura delle parole, di quelle pronunciate, affinché siano di guida e conforto per il paziente, ma anche delle parole non dette nei momenti in cui sarebbero state necessarie. Infatti, non è possibile non comunicare, fare un passo indietro rispetto alla dimensione della parola: ignorare il bisogno del paziente costituisce un rinforzo negativo che può far sentire non considerati e non accolti, sia il paziente in quanto ammalato, sia, soprattutto, il paziente come persona.”