Sulla necessità di una radicale trasformazione della medicina territoriale si è discusso di recente in Senato durante la Conferenza Stampa “Medicina Generale: Perché è importante la Riforma?”, promossa su iniziativa della Vicepresidente del Senato, Sen. Maria Domenica Castellone.  All'evento hanno partecipato rappresentanti dell'Istituto Mario Negri, della Campagna Phc, del Movimento Giotto, del Movimento Mmg per la Dirigenza e della  Simccp - Società Italiana di Medicina di Comunità e delle Cure Primarie.
"La medicina del territorio va riorganizzata per garantire un futuro al nostro Ssn - ha sottolineato Mariolina Castellone - per far fronte all’attuale carenza di medici, per combattere la crisi vocazionale che oggi investe la Medicina generale e soprattutto per garantire sempre meglio e sempre di più il diritto alla tutela della salute sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione. Per questo vanno messi da parte interessi corporativistici e 'lotte' di posizione, e bisogna guardare al futuro con il coraggio di cambiare per migliorare".
Il Movimento Giotto in qualità di associazione di medici in formazione ha sottolineato quanto sia cruciale che i cambiamenti organizzativi vadano di pari passo con un miglioramento del percorso formativo, superando i corsi regionali e avviandosi verso una vera scuola di specializzazione. Motivo per cui è urgente sperimentare nuovi modelli nell’interesse dei giovani medici che si avviano a lavorare sul territorio.
la Simccp ha ribadito che la medicina territoriale necessità di una riforma organica, coraggiosa e lungimirante che non può più permettersi di lasciare inutilizzati professionisti altamente qualificati come gli specialisti in “Medicina di Comunità e Cure Primarie” a causa di vincoli normativi superati e non in linea con i bisogni della popolazione. Motivo per cui ha proposto di riordinare la Scuola di specializzazione in Medicina Generale, di Comunità e delle Cure Primarie, in modo da garantire un percorso accademico strutturato per i futuri medici di famiglia. Parimenti andrebbe istituita una classe concorsuale “Medicina Generale, di Comunità e delle Cure Primarie” che permetterebbe, agli attuali specialisti in Mccp e ai futuri specialisti, di accedere ai concorsi pubblici per l’esercizio della Mg e altre attività territoriali previste dal Dm 77. Inoltre ha proposto di introdurre nel corso di laurea in Medicina e Chirurgia la disciplina “Medicina Generale, di Comunità e delle Cure Primarie” con specifico Settore Scientifico Disciplinare. Per la Simccp andrebbere introdotto il doppio canale per la Medicina generale come prevedeva l’art. 25 della legge 833 del 1978, istitutiva del nostro Ssn:  regime di convenzione, per chi preferisce lavorare come libero professionista; regime di dipendenza, per chi sceglie di essere dipendente dal Ssn. A tale riguardo i rappresentanti della Simccp hanno ricordato che tra i 7 Paesi europei che hanno adottato un Servizio sanitario nazionale, solo l'Italia possiede un regime esclusivamente convenzionale.
Durante l'evento,  il gruppo di lavoro del "Movimento medici di medicina generale per la Dirigenza" ha presentato un nuovo documento dopo quello lanciato nel 2024 che nasceva dalla necessità di contribuire, con la propria visione di cambiamento, al dibattito in corso sulla riprogettazione delle cure primarie italiane. L’anno trascorso però non ha modificato lo scenario, ma ha confermato ed aggravato la già scarsa appetibilità dell’ambito delle cure primarie per i giovani medici. Il nuovo documento, infatti, verte proprio su come restituire attrattività a una professione, quella di Mmg. che rischia l'estinsione.
Per il Movimento medici di medicina generale per la Dirigenza sono fondamentali alcuni passaggi:
1.    Conseguire il titolo di specialista in medicina generale e cure primarie a conclusione di una specifica formazione accademica post-laurea acquisendo così dignità e considerazione sociale al pari delle altre specializzazioni mediche universitarie (in 11 università italiane è presente la Scuola di Specializzazione in Medicina di Comunità e Cure Primarie che già potrebbe rispondere a questa esigenza);
2.    accedere alla formazione continua e all’aggiornamento professionale nelle sedi di lavoro mai da solo ma sempre a strettissimo contatto con una consolidata e forte leadership;
3.    lavorare stabilmente all’interno di strutture che possano configurare un ambiente di lavoro di standard elevato, allo stesso tempo confortevole e funzionale, idoneo per dimensioni, dotazioni, ambienti dedicati e fruibilità da parte dell’utenza in relazione alle caratteristiche della popolazione del territorio e delle necessità contingenti (campagne vaccinali, percorsi di sicurezza in caso di epidemie, emergenze...); tali strutture dovrebbero poter esaltare le competenze degli operatori nel rispondere alle esigenze dalle più semplici alle più complesse (da questo punto di vista le case/ospedali/ambulatori di comunità, capillarmente distribuiti su tutto il territorio nazionale, possono rispondere allo scopo);
4.    lavorare in team multiprofessionali e multidisciplinari (medici specialisti, infermieri, psicologi, fisioterapisti, assistenti sociali, dietisti, etc.), supportato da personale amministrativo e di segreteria che possa sburocratizzare quanto più possibile l’attività lavorativa;
5.    svolgere la propria attività principalmente ma non esclusivamente nei confronti di quei pazienti che lo avranno scelto in modo da salvaguardare una relazione interpersonale fiduciaria e duratura nel tempo particolarmente nella gestione longitudinale delle patologie croniche;
6.    avere a disposizione ed essere in grado di utilizzare tecnologia sanitaria (dispositivi medici, sistemi Ict, sistemi Ai, telemedicina,…) adeguata al contesto territoriale e assistenziale;
7.    avere la possibilità di un inquadramento contrattuale da dirigente medico dipendente del Ssn che possa garantire in primis la reale e completa integrazione/organizzazione all’interno dei diversi servizi del Ssn (sinergie ospedale-territorio su tutte) in relazione ai bisogni della comunità e alle caratteristiche di ogni territorio (aree rurali e/o disagiate), insieme al giusto equilibrio vita-lavoro, all’acquisizione dei diritti e tutele dei lavoratori previste dai CCNL (forme di occupazione oraria flessibile come il part-time, malattia, ferie, maternità, etc.);
8.    avere  la possibilità di accedere a forme di lavoro flessibile quali ad es. forme contrattuali libero- professionali in convenzione con il Ssn, che possano rispondere a diverse esigenze lavorative e personali;
9.    veder riconosciute incentivazioni, facilitazioni, turnazioni e supporto organizzativo per il lavoro in aree rurali/disagiate periferiche e ultraperiferiche (montagna, piccole isole, …);
10.    accedere ad una varietà di percorsi di carriera, anche modificabili o integrabili nel tempo (attività di assistenza, di assistenza integrata da formazione master nell’ambito di specifici interessi clinici, dirigenza nei distretti, dirigenza nelle CdC, ricerca clinica, insegnamento universitario, cure palliative, …solo per citarne alcuni).