
L'articolo esplora la riforma della medicina di famiglia e le proteste della Fimmg contro di essa. Le autrici si chiedono: "Da anni la Fimmg, il principale sindacato dei medici di famiglia, blocca ogni tentativo di cambiamento invitando i cittadini a fare muro. Ma perché"?
Partendo da questo interrogativo si prendono in considerazione i vari tentativi di riforma della medicina territoriale. In particolare ci si sofferma sul decreto Balduzzi che introduce il concetto delle Aggregazioni funzionali territoriali (Aft), con l'obiettivo di garantire la presenza di un Mmg ogni giorno dalle 8 alle 20, lavorando in gruppi per coprire fino a 30.000 abitanti. Per rendere operativo tale sistema, c'è la necessità di modificare gli Accordi collettivi nazionali (Acn), regolando gli orari di lavoro e l'adozione di sistemi informatici per la gestione delle cartelle cliniche condivise.
Nel 2014 iniziano le trattative per rinnovare l'Acn, ma, spiega l'articolo, Fimmg, si oppone al nuovo modello, sostenendo che il medico di famiglia debba rimanere un professionista autonomo e rivendicando il diritto di scegliere il proprio medico. Le trattative si protraggono per anni senza un accordo, e quando finalmente viene firmato l'Accordo collettivo nazionale 2016-2018 nel gennaio 2022, le Aft rimangono inattuate. Il sindacato celebra questo risultato come una conferma della libera professione convenzionata e dell'autonomia organizzativa, mentre il modello pensato per migliorare l'assistenza territoriale resta, di fatto, inefficace e non operativo.
La periodizzazione continua e non può non prendere in considerazione la pandemia, che ha fatto emergere in modo evidente i limiti della medicina del territorio, facendo comprendere alle Regioni che i contratti collettivi nazionali non erano adeguati a gestire le nuove sfide, come la gestione delle malattie croniche multiple, l'aumento delle persone vulnerabili e la pianificazione dell'assistenza domiciliare. Per rispondere a queste esigenze, sono state introdotte le Case della Comunità. Perché queste strutture funzionino, però, è necessario che vi lavorino i medici di famiglia.
Gabanelli e Ravizza sottolineano che per rispondere a questa nuova realtà le Regioni stanno preparando una riforma che potrebbe trasformare radicalmente il ruolo dei medici di famiglia. Se approvata, la riforma renderebbe i nuovi Mmg dipendenti del Ssn, che lavoreranno sia nei loro studi che nelle Case della Comunità, mantenendo comunque il rapporto di fiducia con i pazienti. Tuttavia, i medici già in servizio potranno scegliere se restare lavoratori autonomi o adattarsi al nuovo modello.
A fronte di questa proposta, nell'articolo si evidenzia che Fimmg ha lanciato una nuova protesta, con una mobilitazione ancora più intensa e capillare rispetto a quella di dieci anni fa. La protesta si manifesta attraverso diverse modalità, come locandine negli studi medici, raccolta firme, lettere ai sindaci e appelli alle istituzioni locali, con lo scopo di fermare la riforma. Gli slogan utilizzati parlano di "proteggere il medico di famiglia" e di evitare che il passaggio alla dipendenza dalle Asl possa compromettere il rapporto di fiducia con i pazienti.
Secondo le giornaliste, il sindacato sta cercando di instillare paura tra i cittadini, dipingendo la riforma come una minaccia per l’assistenza territoriale. L'accusa è che la politica, spaventata dalle possibili ripercussioni elettorali, potrebbe cedere a questa "operazione di terrorismo psicologico", mettendo a rischio la realizzazione delle Case della Comunità, che sono state finanziate con 2 miliardi di euro dal Pnrr. Se la politica capitolerà di fronte a queste pressioni, le Case della Comunità rischiano di restare vuote e inutilizzate, con i cittadini che, alla fine, si troveranno a dover "arrangiarsi".
Tuttavia, bisognerebbe riflettere sul fatto che un attacco così diretto e forte ad un sindacato potrebbe finire per estendersi, almeno implicitamente, a tutti i sindacati dei Mmg, potrebbe avere delle ripercussioni più ampie, non solo nei confronti della Fimmg stessa, ma anche nei confronti della credibilità dei sindacati dei medici, che da sempre sono visti come portatori degli interessi dei professionisti della salute e della qualità del servizio sanitario.
La Fimmg è il sindacato più rappresentativo di questa categoria, quindi la critica mossa alla sua leadership e alle sue azioni può facilmente essere percepita come una critica al sindacalismo medico in generale in un momento delicatissimo in cui la riforma della sanità e le sue implicazioni sono al centro del dibattito pubblico. La situazione che stiamo vivendo è sintomatica di un conflitto tra tradizione e innovazione. La medicina di famiglia, così come la conosciamo oggi, è il frutto di un sistema consolidato che ha garantito autonomia ai medici. Tuttavia, l’evoluzione del sistema sanitario richiede un nuovo approccio, che bilanci meglio le esigenze di efficienza, qualità e accessibilità delle cure. La Fimmg, pur opponendosi con forza alla dipendenza dei Mmg dal Ssn ha sollevato questioni importanti riguardo al rispetto per la professionalità e la libertà dei medici, che non dovrebbero essere ignorate.
Il successo della riforma dipenderà dalla capacità di mediare tra le necessità organizzative del sistema sanitario e il rispetto per i professionisti che lo rendono operante e per le loro posizioni, così come per i pazienti che ne usufruiscono.