EvdLa proposta di rendere i medici di medicina generale (Mmg) dipendenti del Servizio sanitario nazionale (Ssn) è al centro del dibattito pubblico. Il fronte è diviso tra favorevoli e contrari e c'è chi sottolinea che la scelta della dipendenza dei medici di famiglia sarebbe un vero e proprio boomerang per la sanità pubblica. A lanciare l’allarme è Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo, che in un’intervista a Bergamo News avverte: “La dipendenza dei medici non rafforza la medicina territoriale, rischia invece di indebolirla e favorire il privato low cost. ”Il passaggio da libero professionisti convenzionati a dipendenti pubblici - dichiara Marinoni - snaturerebbe il ruolo del medico di famiglia. “Con tutto il rispetto per i dipendenti pubblici, il Mmg diverrebbe un funzionario e non sarebbe più garantita automaticamente quella relazione di fiducia e continuità che oggi è alla base del rapporto con il paziente,” sottolinea. Un altro nodo critico riguarda la concentrazione dei medici nelle Case della Comunità, previste dal Pnrr come nuova infrastruttura della sanità territoriale. Marinoni teme che, in mancanza di un’adeguata dotazione di infermieri e specialisti, queste strutture replichino le difficoltà degli attuali ambulatori temporanei. “Si pensa di migliorare, ma si rischia solo di burocratizzare ulteriormente l’assistenza”.
Anche sul fronte economico i conti non tornerebbero. Per il presidente dell’Omceo di Bergamo, il passaggio al regime di dipendenza comporterebbe un aggravio stimato in 5 miliardi di euro annui. “Risorse che sarebbe più opportuno destinare al potenziamento dei servizi esistenti, anziché smantellare un sistema che, pur con le sue criticità, funziona.”
Il rischio, avverte, è che i cittadini, per le cure di base, si rivolgano sempre più al settore privato low cost, lasciando al pubblico i compiti più gravosi e meno appetibili. “Così non si rafforza il pubblico, si favorisce il privato.”
Marinoni porta ad esempio i modelli di Spagna e Portogallo, dove i medici di famiglia sono dipendenti ma i risultati, a suo dire, non sono migliori. Al contrario, cita Francia e Germania, dove i Mmg mantengono maggiore autonomia e il sistema funziona con maggiore efficienza. E mette in guardia anche sulla gestione del personale medico: “Oggi c’è carenza, ma tra pochi anni rischiamo di avere troppi medici rispetto al fabbisogno, segno di una programmazione inefficace.”
Pier Luigi Bartoletti, vicesegretario nazionale Fimmg, si dice invece disponibile a discutere di riforme, a patto che siano realmente orientate a migliorare la presa in carico dei pazienti, la prevenzione e la gestione delle cronicità. “Non è una questione ideologica tra dipendenza e autonomia,” chiarisce Bartoletti. “Ma bisogna partire dai bisogni reali dei cittadini. Il nostro lavoro dimostra che il rapporto fiduciario ha un valore. Se si sostiene che la dipendenza garantirebbe lo stesso rapporto, allora lo si dimostri. Io ne dubito.” Bartoletti solleva inoltre dubbi sull’attuale gestione del Pnrr: “Prima di chiederci come riempire le Case della Comunità, bisognerebbe definirne chiaramente le funzioni.” E guarda al futuro: “Nel 2030 l’Italia sarà un Paese ancora più anziano. Se vogliamo salvare il sistema sanitario, dobbiamo intervenire ora, con strumenti di prevenzione e organizzazione centrati sulla medicina della persona.”
Il nodo resta politico e organizzativo. Il confronto resta aperto e polarizzato. Da una parte la paura di uno snaturamento della medicina territoriale; dall’altra la necessità di riformare un sistema sotto pressione, con pochi medici, risorse limitate e una popolazione che invecchia. L’unico punto su cui tutti sembrano concordare è la necessità di agire: ma con visione, competenza e pragmatismo, evitando soluzioni affrettate che rischiano di produrre l’effetto opposto a quello desiderato.