Senza medici non c’è sanità: allarme della Corte dei Conti
Una visione, quella di Silvestri, che trascende i vincoli contabili: “È necessario rimettere al centro del ‘villaggio salute’ il professionista sanitario, affinché possa essere determinante nella gestione delle strutture deputate alla cura”. Parole che toccano il cuore di due questioni oggi strettamente intrecciate: le disuguaglianze territoriali e il dramma delle liste d’attesa, che il Procuratore ha definito “vergognose per un Paese civile”.
Liste d’attesa e crisi della medicina di prossimità. La criticità delle liste d’attesa, secondo Silvestri, è il sintomo di una medicina territoriale indebolita e inadeguata. Da qui la necessità di rafforzare le Case della comunità, la telemedicina, l’edilizia sanitaria e, soprattutto, la valorizzazione dei professionisti. Il problema è particolarmente drammatico al Sud, dove i Pronto Soccorso rappresentano spesso l’unico punto di accesso alle cure, con il personale sanitario lasciato solo ad affrontare la pressione crescente, spesso senza tutele adeguate.
La voce dal territorio: “Noi Mmg reggiamo un sistema che non ci ascolta”. A testimoniare sul campo quanto denunciato dalla Corte dei Conti è Francesca Taormina, medico di medicina generale a Palermo, che racconta con lucidità le contraddizioni della prima linea: carichi insostenibili, pazienti lasciati senza risposte concrete, e una burocrazia che sottrae tempo alla cura. “Siamo diventati ostaggio di richieste continue, piattaforme disfunzionali e compiti che nulla hanno a che fare con la clinica. Non è questa la medicina del territorio che serve”, afferma.
Secondo Taormina, il nodo non è solo clinico, ma anche organizzativo e culturale: la perdita del rapporto fiduciario col paziente, la crescente solitudine professionale, l’assenza di un confronto reale con gli specialisti. Tutto ciò contribuisce all’erosione della qualità dell’assistenza e all’allungamento delle liste d’attesa, in un circolo vizioso sempre più difficile da rompere.
Ricostruire il “villaggio salute”: una responsabilità condivisa. Il quadro che emerge è quello di una sanità pubblica sotto pressione, dove il capitale umano, se non valorizzato, rischia di diventare la falla più grande del sistema. Per invertire la rotta, servono investimenti concreti, ma anche un nuovo patto sociale tra professionisti, istituzioni e cittadini.
“Non possiamo più reggere da soli”, conclude Taormina. “Serve una ridefinizione delle responsabilità e un coinvolgimento reale di tutti gli attori”. La visione lanciata dalla Corte dei Conti e raccolta da chi ogni giorno abita la frontiera dell’assistenza territoriale non è un’utopia, ma la sola via per garantire il diritto alla salute, oggi seriamente a rischio.