EvdUno dei capisaldi delle politiche sanitarie orientate alla misurazione delle performance – gli incentivi economici per obiettivi clinici raggiunti – viene oggi messo in discussione da uno studio ampio e rigoroso, pubblicato il 25 giugno 2025 sul British medical journal (Bmj) . La ricerca condotta su oltre 60 milioni di episodi clinici in Inghilterra e Scozia, dimostra che i vantaggi iniziali dell’introduzione di un sistema premiato sulla base di obiettivi clinici sono rapidi, ma non duraturi – e che la loro sospensione può produrre un netto peggioramento della qualità dell’assistenza.
I numeri dello studio: 20 anni di dati e 16 indicatori
Il team di ricercatori delle Università di Oxford, Manchester e Londra ha analizzato dati provenienti da 1.178 studi di medicina generale tra il 2000 e il 2019, valutando 16 indicatori clinici, tra cui:
diabete mellito;  ipertensione; asma e BPCO; cardiopatia ischemica; scompenso cardiaco; fibrillazione atriale;
Dallo studio emergono tre fasi cruciali:
1. Introduzione degli incentivi (dal 2004): miglioramento medio del 6,1% nella qualità dei processi clinici nel primo anno.
2. Declino del guadagno iniziale: entro tre anni il miglioramento si riduce a uno 0,7%.
3. Rimozione degli incentivi (dal 2014 in Scozia): caduta della qualità del −10,7% al primo anno e del −12,8% al terzo anno.
  
Focus clinico o miopia incentivata?
Per i ricercatori, questi dati suggeriscono che l’efficacia degli incentivi si esaurisce con l’effetto “novità” e non produce cambiamenti culturali o organizzativi profondi. Anzi, la sospensione degli obiettivi incentivati comporta una rapida caduta dell’attenzione clinica sugli stessi, segno che la performance era mantenuta artificialmente. Inoltre, lo studio ha documentato un leggero peggioramento anche in ambiti non coperti dagli incentivi, a riprova di un possibile “effetto di spostamento”: i medici tenderebbero a focalizzarsi su ciò che viene premiato, lasciando in secondo piano aspetti importanti ma non remunerati della pratica clinica.

Riflessioni per la Medicina generale italiana
Per i medici di famiglia, lo studio rilancia una riflessione già nota sul campo: gli incentivi economici possono rappresentare uno stimolo, ma non sostituiscono una reale progettualità clinico-organizzativa.
Il dibattito italiano: incentivi sì, ma non da soli. Il messaggio dello studio Bmj trova eco anche nel confronto italiano. Diversi esperti ne rilanciano le implicazioni con attenzione critica:
Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, ha più volte affermato che la qualità “non si misura solo in numeri” e che “il medico non può essere ridotto a mero erogatore di prestazioni.”
Francesco Longo direttore dell’Osservatorio Oasi (Osservatorio sulle aziende e sul sistema sanitario italiano) presso il Cergas Bocconi ha avvertito contro l’effetto tunnel: gli incentivi, se mal progettati, rischiano di deviare l’attenzione clinica su obiettivi ristretti, perdendo la visione d’insieme.
Elio Borgonovi, presidente onorario del Cergas Bocconi,  ha sottolineato l’importanza di inserire ogni politica premiante all’interno di un disegno più ampio, fondato su formazione, governance e valorizzazione dei team multiprofessionali.
La posizione della Simg. Anche la Società italiana di medicina Generale e delle cure primarie (Simg), pur non commentando direttamente lo studio Bmj, ha recentemente affrontato il tema degli incentivi. In occasione del Piano nazionale prevenzione vaccinale, Alessandro Rossi  presidente Simg ha evidenziato la necessità di prevedere incentivi per le Regioni virtuose, ma solo all’interno di una strategia che valorizzi il ruolo del medico di famiglia nella presa in carico.
Nel "Libro Bianco della Sanità Territoriale" Simg-Fimmg, presentato a dicembre 2024, Claudio Cricelli, presidente emerito Simg , ha affermato che: “Serve un nuovo modello che investa sull’efficacia, sull’alleanza terapeutica e sulla fiducia tra medico e cittadino.
In sintesi, l’incentivo economico può essere uno strumento, ma non può sostituire una vera progettualità clinico-organizzativa.
Per la Medicina generale italiana, lo studio è un’opportunità per rimettere al centro:
  • La complessità assistenziale: ridurre tutto a pochi indicatori rischia di banalizzare l’intervento clinico.
  • La sostenibilità nel tempo: gli effetti degli incentivi si dissolvono in assenza di investimenti strutturali.
  • La motivazione professionale: modelli retributivi troppo prestazionali possono intaccare l’autonomia e la relazione di cura.

Il messaggio è chiaro: non esistono scorciatoie economiche per la qualità. Servono visione e investimenti lungimiranti
  • Formazione continua.
  • Riconoscimento dell’autonomia decisionale.
  • Riduzione della burocrazia.
  • Integrazione territoriale.