Una bozza di sei pagine, ancora riservata, sta agitando le acque della medicina territoriale. È quella su cui la Regione Emilia-Romagna sta lavorando da mesi per dare attuazione locale al nuovo contratto collettivo nazionale, che ha introdotto il ruolo unico di assistenza primaria. Un cambiamento epocale che supera la storica distinzione tra medico di libera scelta e guardia medica. Ma l’aria che si respira tra i medici di medicina generale non è di entusiasmo e  fa presagire un confronto acceso. A generare tensioni è il contenuto della bozza dell’Accordo integrativo regionale (Air), che nel concreto ridisegna compiti, orari e modalità operative del medico di medicina generale, rendendo centrale il ruolo unico all'interno delle Aggregazioni funzionali territoriali (Aft).
Ecco cosa propone la bozza: 
  1. Ruolo unico come snodo operativo Il medico non è più semplicemente “di famiglia” o “di continuità assistenziale”. Ora è un professionista unico che deve garantire assistenza territoriale h12, dal lunedì al venerdì, all’interno della rete Aft.
  2. Presenza coordinata nelle Aft Le Aft diventano l’infrastruttura portante. Gli studi dovranno essere aperti in modo coordinato per garantire la continuità assistenziale. Le sedi: Case di Comunità hub o spoke, locali Ausl o studi associati con dotazioni informatiche avanzate.
  3. Visite domiciliari con tempistica rigida Se la richiesta arriva entro le ore 12, il medico dovrà effettuare la visita entro la giornata. Dopo le 12, entro il giorno successivo, incluso il sabato.
  4. Attività in quota oraria obbligatoria Oltre alle ore “a scelta”, i medici dovranno prestare servizi orari aggiuntivi: prestazioni non differibili presso le Aft; assistenza a turisti, partecipanti a eventi, e soggiornanti temporanei; attività in Ospedali di Comunità, hospice e Rsa; supporto alla centrale operativa 116117.
Copertura delle aree carenti e disagiate.  Il ruolo unico potrà essere impiegato per coprire zone non assegnate o con carenze strutturali. Previsti incentivi economici per sedi disagiate.
Tutele per situazioni familiari complesse. Madri con figli sotto i 6 anni, medici con familiari non autosufficienti o in gravidanza potranno svolgere le attività in modalità di reperibilità domiciliare, anche con supporto di telemedicina.
Misure per ridurre gli accessi impropri al Pronto Soccorso. Si propone un aumento dell’orario ambulatoriale di almeno un’ora al giorno per chi lavora in Aft e l’introduzione di modalità aggiuntive di contatto telefonico.

I sindacati hanno accolto con forte preoccupazione la bozza della Regione ritenendola un documento che, pur nella sua ambizione riformatrice, rischia di compromettere l’equilibrio tra qualità dell’assistenza e sostenibilità professionale. Il sindacato non contesta il principio del ruolo unico in sé, ma il modo in cui viene declinato nella proposta regionale: una riorganizzazione che, secondo i rappresentanti dei medici, impone un ampliamento delle funzioni senza un adeguato riconoscimento contrattuale, né una chiara definizione dei confini operativi.
Il malumore nasce soprattutto dalla sensazione che il medico venga trasformato in un operatore “onnipresente”, chiamato a coprire turni ambulatoriali, domiciliari, residenziali e persino telefonici, con una flessibilità che rischia di diventare precarietà. La reperibilità notturna, ad esempio, viene proposta come modalità alternativa per chi ha figli piccoli o familiari non autosufficienti, ma senza garanzie sufficienti né tutele chiare. Il rischio, secondo i sindacati , è che si crei una medicina territoriale a basso costo, dove il medico diventa il tappabuchi del sistema, chiamato a coprire le aree carenti o disagiate senza una reale pianificazione condivisa.
Altro punto critico riguarda la continuità assistenziale nelle Aft, che nella bozza viene presentata come il fulcro del nuovo modello. Ma per il sindacato, questa centralità non è accompagnata da investimenti reali sui professionisti. Si punta su sedi, strutture e informatizzazione, ma si dimentica che la medicina territoriale vive della relazione fiduciaria tra medico e paziente, che rischia di essere sacrificata in nome dell’efficienza.
Infine si punta il dito  sull’assenza di criteri di valutazione e monitoraggio delle prestazioni. Senza indicatori condivisi, il medico si trova a dover rispondere a una molteplicità di obblighi, senza sapere come verrà misurata la sua attività né se verrà riconosciuta in modo equo. Il timore è che si stia costruendo un sistema che chiede molto, ma restituisce poco.