Stremati e delusi: il 76% dei medici ospedalieri ritiene che il Ssn sia peggiorato ed il 58% pensa che il proprio lavoro abbia subito dei cambiamenti negativi. Tra le cause principali dell'insoddisfazione rientrano le condizioni in cui i medici sono costretti a lavorare, spesso a causa della carenza di personale: il 72% lavora più di 38 ore a settimana, il 38% ha più di 50 giorni di ferie accumulati. Malgrado ciò, il 69% risceglierebbe la propria professione. Questi alcuni dei dati, tra i più significativi, che emergono da un sondaggio promosso dal sindacato Federazione Cimo-Fesmed che ha dato vita al dossier: “Dimenticati – Ritratto dei medici ospedalieri a cinque anni dall’inizio dell’emergenza Covid-19”.
"Prima di discutere dello status giuridico del Mmg, toccherebbe rendere edotta la popolazione sul tipo di assistenza che si vuole offrire. Un servizio di capillarità e prossimità come erogano gli attuali studi dei Mg non può prescindere dalla possibilità che viene data al cittadino di affidarsi ad un medico di sua fiducia. Se si vuole, in alternativa, offrire un’assistenza in una struttura territoriale che funzioni h. 24 e che offre servizi vari, oltre l‘assistenza di base, bisogna far presente che non è la cura che si fa prossima al cittadino, ma il cittadino che deve recarsi nel luogo di cura". Così l’Ufficio Stampa Nazionale Smi rende pubblica una nota di donne medico dirigenti nazionali, regionali e provinciali del sindacato.
Leonida Iannantuoni, presidente di Assimefac, contesta il recente Dataroom di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera: "Medici di famiglia, ecco il documento riservato che porta a una svolta epocale", segnala alcune imprecisioni rilevate nell'articolo e ricorda che dal 2002 il Wonca Europe ha ‘pensionato’ definitivamente il termine di medico di base sostituendolo con medici di medicina generale e/o di famiglia.
Nel dibattito sul cambiamento di ruolo del rapporto giuridico dei Mmg con il Ssn c'è chi lo ritiene indispensabile e auspica che i medicidi medicina generale diventino dipendenti del Ssn con la qualifica di dirigenti medici. Motivo per cui la Fp Cgil critica qualsiasi tentativo di creare degli "ibridi contrattuali". Mentre Fp Uil chiede che i giovani Mmg, a inizio carriera, siano progressivamente inseriti nel Ssn come dipendenti con inquadramento nel ruolo della dirigenza medica, lasciando la possibilità di scelta a chi già è in convenzione.
In una lettera aperta, Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani, analizza la rottura avvenuta di recente nell'intersindacale e sottolinea che questa frattura si potrà recuperare solo se i sindacati di categoria si ritroveranno insieme a discuterne intorno ad un tavolo anche con i sindacati della dirigenza perché non ci può essere una riforma del territorio che non coinvolga tutti. Ma per fare ciò bisogna essere "predisposti all’ascolto", perché se "prevale la convinzione che siccome si rappresenta la maggioranza della categoria si ha la verità in tasca, allora non può funzionare".
Nell'ultimo Consiglio nazionale, svoltosi a Roma, la Fimmg manifesta la propria indignazione causata dal perdurare delle notizie a mezzo stampa che rilanciano l’esistenza di provvedimenti legislativi “segretati” che prevedono la “dipendenza” dei Mmg. Denuncia la mancata apertura di un confronto con la rappresentanza sindacale nelle sedi istituzionali su un tema che mette in discussione l’organizzazione delle Cure Primarie, fulcro del Servizio sanitario universale e solidale, e il rapporto fiduciario della relazione medico paziente. Auspica in tempi brevi, a tal riguardo, un confronto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed, sindacato dei medici ospedalieri, ha espresso una serie di perplessità sulla eventuale futura dipendenza dei medici di medicina generale. In particolare teme che questo cambiamento possa influire sulle dinamiche lavorative, sulle risorse disponibili poiché la transizione potrebbe richiedere una riorganizzazione dei servizi sanitari, con la necessità di coordinare meglio l'assistenza tra medici di famiglia e specialisti. Questo richiederebbe nuovi protocolli e una maggiore collaborazione, che potrebbero non essere facili da implementare.