Questo l'appello lanciato dal segretario nazionale di Fismu Francesco Esposito al Ministro della Salute a cui ha chiesto che si “faccia una riflessione importante su settori del Ssn che sono in una vera e propria emergenza, che soffrono sempre di più, anche per la mancanza di personale medico: il 118, il Pronto Soccorso e la continuità assistenziale”.
“La Medicina Generale ha bisogno di investimenti che permettano di condizionare parte del suo reddito al raggiungimento di obiettivi variabili, ma che siano anche consistenti nella capacità di permettere a chi la esercita l’acquisizione di fattori di produzione, la capacità di governare, in accordo con l’Enpam, le tutele, che ci paghiamo da soli”. Lo ha detto Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimmg.
Ad affermare ciò CIMO-FESMED che al riguardo ha ideato una campagna social sul malessere degli ospedalieri e un dossier che mostra le ragioni della fuga dal Ssn dei medici dipendenti. Il dossier è stato parte integrante della conferenza sulla Questione Medica e descrive un quadro disarmante, composto da tante sezioni quanti sono i problemi principali che i medici italiani devono affrontare in ospedale ogni giorno. Un puzzle le cui tessere compongono la frustrazione e la delusione dei professionisti.
Negli ultimi 3 anni il Ssn ha perso quasi 21mila medici specialisti. Dal 2019 al 2021 hanno abbandonato l’ospedale 8.000 camici bianchi per dimissioni volontarie e scadenza del contratto a tempo determinato e 12.645 per pensionamenti, decessi e invalidità al 100%. Questi i risultati di uno studio realizzato dall’Anaao Assomed, frutto dell’elaborazione dei dati CAT e Onaosi. Cosa cercano i medici che si dimettono? Cercano orari più flessibili, maggiore autonomia professionale, minore burocrazia. Cercano un sistema che valorizzi le loro competenze, un lavoro che permetta di dedicare più tempo ai pazienti. Vogliono poter avere a disposizione più tempo anche per la propria vita privata e non sacrificare la famiglia.
Il settore Formazione della Fimmg chiede una revisione complessiva del Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale e lancia un monito alle Regioni e al Ministero della Salute: “Serve responsabilità nelle decisioni prese in situazioni critiche, altrimenti le conseguenze di scelte avventate potrebbero aggravare la carenza di Mmg invece che risolverla, portando ad un burnout precoce il giovane medico costretto a gestire un carico assistenziale sproporzionato alle sue capacità”.
Disturbi del sonno, stress, ansia, paura: ad esserne afflitti, dopo la pandemia, sono il 24% dei medici di continuità assistenziale, quasi uno su quattro. Lo stesso accade a un medico di famiglia su dieci, al 4% dei medici ospedalieri e al 3% degli odontoiatri. Questi sono alcuni dei dati che emergono dal sondaggio dell’Istituto Piepoli presentato alla Conferenza nazionale sulla Questione Medica. Secondo il presidente della FNOMCeO, la perdurante mentalità aziendalista che pervade il nostro Ssn, tutta concentrata solo sui risultati economici, non ha permesso di mettere in atto iniziative tese a rilevare questo drammatico fenomeno, né tantomeno a interrogarsi su come prevenirlo e affrontarlo. "Per questo chiederemo, tra le altre istanze - ha precisato - il riconoscimento del burnout come malattia professionale".
Questi per lo Smi sono i punti salienti per dare un nuovo corso all'esercizio della professione nel nostro Paese. "Il lavoro dei medici è cambiato - ha dichiarato Pina Onotri, segretario generale Smi - e la categoria ha subito grandi trasformazioni. Per queste ragioni riteniamo non più procrastinabile il riconoscimento di tutte le tutele che in questi anni sono state proposte per i medici di medicina generale in convenzione e una piena parità di genere nella professione medica, argomento, quest'ultimo, ribadito anche nel Pnrr per rilanciare lo sviluppo nazionale in seguito alla pandemia.