EvdIl Rapporto Istat 2025 fotografa la salute degli italiani, analizzando aspetti cruciali come la speranza di vita in buona salute, la mortalità evitabile e le disuguaglianze legate a genere e istruzione.Nel 2024 si è registrato un nuovo massimo storico nell’aspettativa di vita complessiva, ma il numero di anni vissuti in buona salute continua a diminuire. Gli uomini tornano ai livelli del 2019 con una stima di 59,8 anni, mentre per le donne si osserva il valore più basso dell’ultimo decennio: 56,6 anni, ampliando il divario di genere. Differenze territoriali restano marcate, con il Mezzogiorno maggiormente penalizzato.
Oltre alla speranza di vita, il Rapporto analizza la mortalità evitabile, ovvero i decessi sotto i 75 anni che potrebbero essere ridotti attraverso interventi di prevenzione e sanità pubblica. Nel 2022 l’Italia registra un tasso di 17,7 decessi ogni 10 mila abitanti, il secondo più basso nell’Ue27 dopo la Svezia. Tuttavia, l’emergenza Covid-19 ha compromesso la tempestività delle diagnosi e trattamenti, facendo perdere posizioni nella classifica della mortalità trattabile.
Un altro elemento centrale del rapporto riguarda le disuguaglianze nella mortalità evitabile. I dati del 2021 mostrano come il livello di istruzione influisca significativamente sulla mortalità prevenibile e trattabile. Gli uomini e le donne con basso grado di istruzione presentano tassi di mortalità più elevati: per esempio, gli uomini con licenza elementare registrano una mortalità prevenibile superiore del doppio rispetto ai laureati. Inoltre, il divario di genere si amplia con il diminuire del titolo di studio, poiché gli uomini in condizioni più svantaggiate tendono ad adottare comportamenti meno salutari e subire maggiori esposizioni a rischi ambientali.
Un ulteriore aspetto analizzato riguarda la rinuncia alle prestazioni sanitarie. Nel 2024, quasi il 10% della popolazione ha riferito di aver rinunciato a visite o esami specialistici, principalmente per le lunghe liste d’attesa e difficoltà economiche. Il fenomeno è aumentato rispetto al 2019 e colpisce in particolare le donne e le persone con istruzione più bassa, accentuando le disuguaglianze nell’accesso alle cure. Le regioni del Nord hanno visto un peggioramento nell’accessibilità ai servizi, riducendo il divario rispetto al Mezzogiorno, ma mantenendo significative differenze sulle motivazioni della rinuncia.
Questi dati evidenziano la necessità di politiche sanitarie più efficaci, volte non solo ad allungare la vita, ma a migliorarne la qualità, riducendo le disuguaglianze e garantendo l'accesso equo alle cure.