Presentato in occasione del Graduation Day della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Roma, lo studio di Altems coordinato dalla prof.ssa Federica Morandi e dal dott. Angelo Tattoli ha analizzato l’evoluzione strutturale e professionale del sistema dell’emergenza-urgenza italiano tra il 2011 e il 2023. La fotografia che ne emerge sfida la percezione comune: a fronte di Pronto Soccorso sempre più affollati secondo l’esperienza quotidiana degli operatori, i dati parlano di una razionalizzazione delle risorse e di una crescita significativa della dotazione medica specialistica.
Più specialisti, meno accessi. Tra il 2011 e il 2023, i servizi Ps e Dea sono passati da 808 a 693, ma nello stesso arco temporale i medici di Emergenza-Urgenza per struttura sono aumentati da 3,8 a 6,9 unità. In valore assoluto, si è registrato un picco nel 2018 con 5.217 specialisti, seguito da una flessione contenuta fino ai 4.748 del 2023. I tassi di accesso, intanto, sono scesi da 363 a 311 per 1.000 abitanti, con una riduzione marcata anche del rapporto tra accessi e singolo medico: da 18,11 a 7,69.
A incidere, secondo gli autori dello studio, sono anche fattori di minore gravità dei casi trattati, associati a una significativa eterogeneità regionale e a scelte infrastrutturali storiche che non si sono evolute nel tempo.
Una percezione che non riflette i numeri. Il quadro è definito dagli autori come “contro-intuitivo”: più medici per meno accessi, ma con Ps percepiti come sempre più in sofferenza. La risposta, secondo lo studio, sta nella mancanza di dati su altri asset fondamentali: organici non medici, dotazioni tecnologiche e, soprattutto, modelli organizzativi regionali molto diversi e spesso poco aggiornati.
Coordinamento nazionale e motivazioni al centro. Le dichiarazioni della prof.ssa Morandi richiamano l’esigenza di uscire da una logica di frammentazione:  “Le differenze organizzative tra regioni derivano da percorsi storici mai armonizzati. Servono strategie nazionali per garantire equità e sostenibilità del sistema.”
In parallelo, l’indagine Altems si interseca con un’altra ricerca sul turnover dei professionisti sanitari. Le motivazioni dell’esodo? Non economiche, ma strutturali e relazionali.  “Non è la retribuzione il fattore critico”, afferma Morandi. “Contano di più l’adeguatezza delle infrastrutture, il clima organizzativo, la valorizzazione delle competenze e la crescita professionale.”
Leva per il futuro. Il messaggio è chiaro: per trattenere e valorizzare il personale servono ambienti che stimolino professionalità e appartenenza.  “Investire nell’innovazione organizzativa – conclude Morandi – è la chiave per il futuro del Servizio sanitario nazionale.”