Economia vs salute: i medici non ci stanno
Una crisi sanitaria ignorata. Secondo l’Agenzia europea per l’Ambiente, l’inquinamento atmosferico è il principale fattore di rischio ambientale per la salute in Europa. In Italia, la situazione è particolarmente grave nella Pianura Padana, dove le concentrazioni di polveri sottili e biossido di azoto superano regolarmente i limiti previsti dalla normativa europea e dalle linee guida dell' Oms nel 2021 per ridurre significativamente l’ impatto sulla salute.
Il report dell’Osservatorio Mobilità urbana sostenibile, coordinato da Kyoto Club e Clean Cities Campaign, ha evidenziato che la maggior parte delle città italiane ha già superato i limiti della Direttiva Ue 2881/2024, che entrerà in vigore nel 2030. Il mancato rispetto degli obblighi ha già portato a tre condanne da parte della Corte di Giustizia Europea e a una procedura d’infrazione ancora aperta.
Il diritto alla salute non è negoziabile, Isde Italia richiama l’articolo 32 della Costituzione, che sancisce il diritto alla salute come fondamentale per l’individuo e interesse della collettività. “Non si può barattare l’economia con la salute”, affermano i medici, sottolineando che il rinvio del blocco diesel comporterà un aumento delle patologie legate all’inquinamento, aggravato dall’effetto cumulativo delle sostanze tossiche.
“Il diritto di guidare mezzi vetusti e inquinanti vale più di quello alla salute?”, si legge nella dichiarazione congiunta sottoscritta anche dal Kyoto Club.
Un impatto economico sottovalutato. Contrariamente alla narrazione dominante, l’inquinamento atmosferico ha un costo economico elevatissimo. Secondo le stime citate dagli ambientalisti, tra il 2024 e il 2030 l’impatto dell’inquinamento in Italia sarà pari al 6% del Pil nazionale. Le oltre 50.000 morti premature ogni anno rappresentano un tributo insostenibile per la società e per il sistema sanitario.
Isde Italia definisce il rinvio “l’ennesima misura dilatoria populista”, che finge di tutelare i cittadini ma in realtà prolunga l’esposizione a un rischio sanitario certo. Il riferimento al Dieselgate e alle condanne europee rafforza la denuncia: “Non è bastato lo scandalo industriale, né le sentenze, né i dati epidemiologici. Si continua a rimandare senza affrontare il problema con provvedimenti strutturali”.