EvdUn'Italia sempre più anziana, fragile e diffidente guarda alla sanità con crescente inquietudine. Secondo il sondaggio Ocse Risks that Matter 2024, gli italiani sono tra i più preoccupati in Europa per la propria salute e l’accesso a cure adeguate. Il timore di non ricevere assistenza nella vecchiaia è altissimo, specie tra le donne, mentre la digitalizzazione della sanità stenta a decollare. La fiducia nei sistemi automatizzati e nell’uso dell’AI in ambito sanitario è tra le più basse dell’area Ocse. E sebbene l’urgenza sia chiara, solo una minoranza sarebbe disposta a pagare più tasse per migliorare il sistema. Il risultato? Un quadro in cui la salute pubblica è centrale nei timori collettivi, ma rimane priva di un sostegno strutturale e finanziario all’altezza della sfida.
La salute? Una fonte di inquietudine collettiva. Il dato più significativo del sondaggio è la centralità della salute nel vissuto emotivo e sociale degli italiani. Il 74% teme di ammalarsi o diventare disabile, mentre l’80% esprime preoccupazione per l’accesso a cure sanitarie di qualità. L’Italia si posiziona così tra i Paesi Ocse più ansiosi in ambito sanitario, insieme a Grecia, Spagna e Cile.
Queste preoccupazioni, già diffuse nel breve termine, si amplificano quando lo sguardo si sposta sul futuro:
  1. 83% degli italiani teme il cambiamento climatico
  2. 84% è preoccupato per i rischi geopolitici
  3. 80% si sente vulnerabile finanziariamente per la vecchiaia
In un Paese che invecchia velocemente e che ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze della pandemia, il rischio percepito si fa esistenziale: non solo per la salute in sé, ma per la capacità di restare sostenibili e protetti nel tempo.
L’assistenza a lungo termine: l’incubo non detto della vecchiaia. Un punto dolente che attraversa il rapporto Ocse è quello della long-term care, ovvero l’assistenza sanitaria e sociale destinata alla cronicità e alla disabilità legata all’invecchiamento. L’Italia, con una delle popolazioni più anziane del mondo, mostra numeri allarmanti:
  • 71% teme di non avere accesso a cure di lungo termine per sé
  • 74% è in ansia per l’assistenza ai propri familiari anziani
In parallelo, si consolida una disparità di genere: le donne italiane si percepiscono più esposte ai rischi di salute e più caricate del ruolo di caregiver familiare. Uno scenario che fotografa l’urgenza di ripensare l’assistenza territoriale e i servizi domiciliari in chiave integrata, preventiva e inclusiva.
Sanità digitale: potenzialità grandi, accesso diseguale. Se la trasformazione digitale viene indicata come una leva strategica per l’efficienza del sistema, il sondaggio rivela un divario ancora marcato tra intenzioni e realtà:

Uso degli strumenti digitali in sanità    Percentuale
  • Uso frequente (app, email, portali)    48%
  • Preferenza per interazione cartacea o di persona    43%
A frenare l’adozione non è solo una barriera generazionale o tecnologica, ma una questione culturale: la digitalizzazione della sanità non funziona se non è accompagnata da fiducia.
Ai e dati sanitari: una fiducia ancora tutta da costruire. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella sanità pubblica viene accolto in Italia con un misto di scetticismo e apprensione:
  • Solo il 37% valuta positivamente l’uso dell’AI per assegnare sussidi sanitari
  • Appena il 30% si fida della gestione pubblica dei propri dati sanitari digitali (tra i valori più bassi in area Ocse)
Questo evidenzia una sfida non tecnologica ma etica, comunicativa e politica: l’adozione dell’AI in sanità richiede trasparenza, partecipazione e garanzie di equità e sicurezza, altrimenti rischia di diventare un fattore di esclusione.
 Investire nella salute? L’adesione è tiepida
Nonostante la consapevolezza dei rischi e la centralità del tema, la disponibilità a investire nella sanità attraverso l’aumento delle imposte rimane bassa: solo il 36% degli italiani accetterebbe una tassazione maggiore per potenziare il servizio sanitario pubblico, un dato sotto la media Ocse (38%).
Questo paradosso – alta paura, bassa propensione contributiva – riflette una crisi di fiducia nei confronti dello Stato come garante dell’efficienza e dell’equità del sistema.
Un Paese in attesa di protezione. Il sondaggio Ocse non solo fotografa il disagio, ma propone uno specchio profondo del rapporto tra cittadini e sanità: una relazione carica di aspettative, paure, ma anche sfiducia. In Italia, il sistema sanitario è visto ancora come essenziale, ma la sua sostenibilità – economica, organizzativa, tecnologica – non è più data per scontata.
Serve oggi un nuovo patto sociale per la salute, che coinvolga cittadini, professionisti sanitari e istituzioni. Un patto che metta al centro:
  1. La cura della persona e non solo della malattia.
  2. L’inclusione digitale senza esclusione sociale.
  3. La valorizzazione del territorio, dell’assistenza primaria e della prevenzione.
  4. Una visione intergenerazionale che non lasci sole le donne, gli anziani e i caregiver.