EvdLa nuova bozza del disegno di legge delega, approvata dal Consiglio dei Ministri, segna un cambiamento profondo nella disciplina della responsabilità penale per gli esercenti le professioni sanitarie. Dopo anni di dibattito e il rinvio del 4 agosto che aveva suscitato forti proteste da parte dei sindacati medici, il Governo interviene con un testo che punta a tutelare i professionisti e a rendere più equo il sistema giudiziario in ambito sanitario. Il testo prevede che il medico sia perseguibile solo in caso di grave negligenza, se ha rispettato linee guida e buone pratiche. I giudici dovranno valutare il contesto operativo, tenendo conto di carenze strutturali, urgenze e complessità cliniche. Soddisfazione dal mondo medico dove però spicca la posizione critica dello Smi.
Il cuore della riforma è contenuto nell’articolo 7, che modifica l’attuale articolo 590-sexies del Codice penale e introduce il nuovo 590-septies. Secondo il nuovo 590-sexies, il medico che, nell’esercizio della propria attività, commette reati di lesioni o omicidio colposo è punibile solo in caso di colpa grave, a condizione che abbia seguito linee guida accreditate o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate al caso concreto. Si tratta di un principio che, se approvato definitivamente, costituirà un vero e proprio scudo penale per i sanitari che operano secondo protocolli riconosciuti.
Il nuovo articolo 590-septies introduce un criterio di valutazione contestuale della colpa. I giudici, nell’accertare la responsabilità del professionista, dovranno tenere conto di una serie di fattori: la scarsità di risorse umane e materiali, le carenze organizzative non imputabili al singolo sanitario, la complessità delle patologie trattate, la mancanza di evidenze scientifiche consolidate, l’assenza di terapie adeguate, la posizione del medico all’interno di contesti multidisciplinari e le condizioni di urgenza o emergenza. In altre parole, la colpa non sarà più valutata in astratto, ma alla luce delle reali condizioni operative.
L’articolo 8 della bozza interviene sulla legge Gelli-Bianco, rafforzando l’obbligo per i sanitari di attenersi non solo alle linee guida, ma anche alle buone pratiche clinico-assistenziali. Viene inoltre introdotta la valutazione della colpa in relazione alle risorse disponibili, rendendo inderogabili le linee guida come riferimento normativo.
La Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo) ha accolto con favore il provvedimento. Il presidente Filippo Anelli ha sottolineato come la riforma restituisca ai medici la serenità necessaria per garantire cure sicure, senza il timore costante di denunce ingiuste. “Non si tratta di impunità – ha precisato – ma di una tutela che consente ai professionisti di operare con maggiore tranquillità, mantenendo intatta la possibilità di risarcimento per i cittadini in sede civile”.
La bozza di Ddl approvata ha incassato pure il plauso della Fimmg. Silvestro Scotti, segretario generale Fimmg, ha ha sottolineato come il provvedimento rappresenti un passo importante verso la depenalizzazione dell’atto medico e una maggiore tutela per i professionisti della medicina di famiglia, spesso esposti a contenziosi per via di carichi di lavoro insostenibili e carenze strutturali. "Bene il via libera del CdM - ha dichiarato Scotti - il Ddl tutela anche la medicina di famiglia che rischia aumento contenzioso per enormi carichi di lavoro e carenze. Ridurre la medicina difensiva significa restituire centralità clinica e tempo di qualità al paziente. Regole chiare e strumenti efficaci per prevenire il contenzioso temerario sono essenziali per garantire appropriatezza, continuità assistenziale e sostenibilità del sistema".
Anche Anaao Assomed ha espresso soddisfazione. Il segretario nazionale Pierino Di Silverio ha definito il provvedimento “una battaglia di civiltà”, ricordando che un medico su tre ha subito una denuncia penale o civile, ma solo il 3% viene condannato. “Questa norma – ha aggiunto – non è corporativa, ma garantisce ai cittadini di essere curati da personale che non lavora sotto minaccia costante”.
La riforma, se confermata dal Parlamento, potrebbe ridurre sensibilmente il fenomeno della medicina difensiva, che genera costi stimati in circa dieci miliardi di euro l’anno, e contribuire a rendere nuovamente attrattivo il Servizio sanitario nazionale, oggi in difficoltà nel trattenere e reclutare nuovi professionisti.

La posizione critica dello Smi. Pina Onotri, segretario generale dello Smi, pur riconoscendo alcune misure condivisibili, evidenzia che “si attendevano con grandi aspettative le misure per lo scudo penale, richieste da tempo per arginare le fughe dalla professione. I piccoli accorgimenti previsti, come il riferimento alle disfunzioni organizzative e alla carenza di personale, sono già presenti negli ordinamenti giudiziari. Serviva più coraggio”. Onotri sottolinea come il decreto non affronti in modo risolutivo il nodo delle oltre 300 mila cause pendenti contro medici e strutture sanitarie, né il problema della medicina difensiva, che genera costi stimati in circa 12 miliardi l’anno. “Il provvedimento varato – precisa – potrebbe rivelarsi un’occasione persa”.
Il decreto, dunque, apre scenari importanti ma ancora parziali. Se da un lato introduce un principio di tutela penale per i medici, dall’altro lascia aperte questioni strutturali che richiedono interventi più incisivi. La sfida ora passa al Parlamento, chiamato a trasformare la delega in una riforma organica e realmente efficace.