Al centro del progetto vi sarebbe la Piattaforma nazionale di telemedicina (Pnt), affidata ad Agenas, che dovrebbe coordinare l’integrazione con il Fascicolo sanitario elettronico (Fse 2.0) e gestire le attività di valutazione tecnologica (Hta).
Le Regioni e le Province autonome sarebbero responsabili delle Infrastrutture regionali territoriali (Irt), mentre il Ministero della Salute curerebbe la programmazione e il monitoraggio.
La sicurezza informatica, elemento cruciale, sarebbe garantita dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale.
I servizi minimi previsti includerebbero:
-
Televisita, per l’interazione medico-paziente a distanza.
-
Teleconsulto, per il confronto clinico tra professionisti.
-
Telemonitoraggio, per la rilevazione remota di parametri clinici.
-
Teleassistenza, per il supporto continuativo a pazienti e caregiver.
Tutti i dati generati da questi servizi dovrebbero confluire nel Fse 2.0, che potrebbe essere arricchito con funzionalità aggiuntive come la seconda opinione e il coinvolgimento attivo dei caregiver.
Sul piano della sicurezza, il decreto recepisce il Gdpr e il Codice della privacy, prevedendo tracciabilità, audit, cifratura avanzata, autenticazione forte (Spid, Cie, Ts-Cns) e notifiche obbligatorie in caso di incidenti.
Il Garante per la privacy ha espresso parere favorevole, sottolineando la solidità del quadro normativo e la chiarezza delle responsabilità istituzionali.
Secondo Agenas, entro dicembre 2025 potrebbero essere assistiti almeno 300.000 pazienti tramite telemedicina, con una crescita stimata fino a 790.000.
Dal 2026, la gestione della Pnt dovrebbe essere finanziata stabilmente: 12,5 milioni di euro nel primo anno, 25 milioni dal 2027, senza nuovi oneri per la finanza pubblica.
Per i medici di medicina generale, questa evoluzione potrebbe rappresentare un’opportunità concreta per rafforzare il proprio ruolo nella medicina territoriale. Come ha osservato Silvia Stefanelli, giurista esperta in sanità digitale, il decreto risolverebbe molte criticità normative e aprirebbe finalmente alla piena interoperabilità tra Pnt, Fse 2.0 e l’ecosistema dei dati sanitari.
Tuttavia, tra il dire e il fare, restano da affrontare diversi nodi operativi: dalla formazione dei professionisti all’adeguamento delle dotazioni tecnologiche, fino alla definizione di modelli organizzativi coerenti con le realtà locali. La telemedicina, se ben implementata, potrebbe diventare un pilastro della continuità assistenziale, soprattutto nelle Case di comunità e nei modelli Hub & Spoke previsti dal Pnrr. Ma servirà un coinvolgimento reale dei Mmg, non solo formale.
Il percorso è tracciato, ma la sua riuscita dipenderà dalla capacità del sistema di tradurre le intenzioni normative in strumenti pratici, sostenibili e condivisi.
I medici di famiglia, come sempre, saranno chiamati a fare la loro parte. Purché siano messi nelle condizioni di farlo.