
L’analisi condotta sui dati Ocse 2024, pubblicata il 30 luglio 2025, offre un quadro impietoso che non lascia spazio a interpretazioni: l’Italia è in coda alle classifiche internazionali per investimenti pubblici in sanità, sia in termini di incidenza sul Pil che di spesa pro-capite
Nel 2024, la spesa sanitaria pubblica italiana si attesta al 6,3% del Pil, ben al di sotto della media Ocse (7,1%) e della media europea (6,9%). Tredici Paesi europei investono più dell’Italia, con divari che vanno dai +0,1 punti percentuali del Portogallo (6,4%) ai +4,3 punti della Germania (10,6%).
“Questi numeri – sottolinea il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta – non sono semplici statistiche: sono il riflesso di scelte politiche miopi che hanno progressivamente indebolito il Ssn, compromettendo la sua capacità di garantire i livelli essenziali di assistenza”.
Ancora più grave è il dato sulla spesa pro-capite: nel 2024 l’Italia investe 3.835 dollari per cittadino, contro una media Ocse di 4.625 dollari e una media europea di 4.689 dollari. Il divario è di 790 dollari rispetto all’Ocse e di 854 rispetto all’Europa. Tredici Paesi europei superano l’Italia, dalla Spagna (+58 dollari) alla Germania (+4.245 dollari), che raggiunge quota 8.080. “Di fatto – commenta Cartabellotta – siamo primi tra i Paesi poveri: precediamo solo alcune nazioni dell’Est e dell’Europa meridionale. Repubblica Ceca, Slovenia e Spagna investono più di noi”.
Il trend è inequivocabile: fino al 2011 la spesa italiana era allineata alla media europea, poi il divario si è ampliato per effetto di tagli e definanziamenti. Nel 2019 il gap era di 430 dollari, cresciuto ulteriormente durante la pandemia, quando gli altri Paesi hanno aumentato gli investimenti mentre l’Italia ha mantenuto una crescita modesta. Nel 2024, il divario pro-capite ha raggiunto 729 euro, pari a 43 miliardi di euro su scala nazionale.
Dal 2008 al 2024, l’Italia è rimasta costantemente all’ultimo posto tra i Paesi del G7 per spesa sanitaria pubblica pro-capite. Se nel 2008 il distacco era contenuto, oggi è abissale. La Germania ha più che raddoppiato la spesa italiana, mentre il Regno Unito – che condivide con l’Italia un modello universalistico – ha aumentato significativamente gli investimenti post-pandemia, superando Canada e Giappone e avvicinandosi alla Francia. “Questo dimostra – afferma Cartabellotta – che il dibattito sul definanziamento non può ridursi al solito teatrino pre-manovra. Serve un patto politico trasversale, che prescinda dagli avvicendamenti di Governo e sancisca un impegno non negoziabile per rifinanziare progressivamente la sanità pubblica”.
Le conseguenze del sottofinanziamento sono tangibili: liste d’attesa fuori controllo, pronto soccorso al collasso, carenza di medici di famiglia, disuguaglianze territoriali e sociali. Nel 2024, 5,8 milioni di persone hanno rinunciato a prestazioni sanitarie per motivi economici. “Il conto più salato – avverte Cartabellotta – lo pagano i cittadini, costretti a pagare di tasca propria o a rinunciare del tutto alle cure”.
A chiusura del Report, Cartabellotta rilancia l’appello con parole nette e non negoziabili: “Con l’avvio dei lavori sulla Legge di Bilancio 2026 – conclude Cartabellotta – è proprio dall’impietoso confronto con gli altri Paesi europei e del G7 che bisogna ripartire. Da quel divario imponente frutto di una visione arrendevole che ha dimenticato un principio fondamentale: la salute delle persone non è solo un diritto fondamentale, ma anche una leva di sviluppo economico e della tenuta sociale del Paese. Ecco perché la Fondazione Gimbe si appella al Governo e al Parlamento affinché prendano atto dell’enorme e crescente divario strutturale rispetto agli altri Paesi avanzati, senza trasformare il tema in scontro politico. È urgente pianificare un progressivo rilancio del finanziamento pubblico della sanità: non per risalire le classifiche internazionali, ma per restituire forza e dignità al Ssn e garantire a tutte le persone, ovunque vivano e a prescindere dal loro reddito, l’inalienabile diritto alla tutela della salute sancito dalla Costituzione. Perché se non investiamo sulla salute, pagheremo tutto con gli interessi: in disuguaglianze, malattia, impoverimento e perdita di futuro”.