Dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri, il Disegno di legge di Bilancio 2026 entra nel vivo del dibattito parlamentare, ma la sanità resta ai margini dell’agenda politica. A ricordarlo, con dati alla mano, è la Fondazione Gimbe, che in una nuova analisi smonta gli annunci del Governo e denuncia la mancanza di una visione strategica per il rilancio del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Di fronte a un sistema sanitario in affanno – tra carenze di personale, diseguaglianze territoriali e liste d’attesa crescenti – la manovra si limita a interventi frammentati e di corto respiro.Risorse in aumento solo nel 2026, poi la frenata. Secondo l’analisi Gimbe, la Manovra 2026 stanzia complessivamente 7,7 miliardi di euro per la sanità nel triennio 2026-2028, di cui 2,4 miliardi nel 2026 e 2,65 miliardi per ciascuno dei due anni successivi. A conti fatti, il Fondo sanitario nazionale (Fsn) raggiungerà 143,1 miliardi nel 2026, 144,1 miliardi nel 2027 e 145 miliardi nel 2028.
Un incremento che, almeno sulla carta, sembra significativo: +6,6 miliardi nel solo 2026, pari al +4,8% rispetto al 2025. Ma, come evidenzia Cartabellotta, “quasi due terzi di questo aumento – circa 4,2 miliardi – erano già stati previsti da precedenti leggi di Bilancio”. Dopo il 2026, infatti, la crescita del Fsn rallenta bruscamente: +0,7% nel 2027 e +0,6% nel 2028, senza alcun segnale di rilancio strutturale.
“Le cifre assolute per il 2026 appaiono consistenti solo perché inglobano risorse già stanziate”, osserva il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta. “Ma la quota di ricchezza del Paese destinata alla sanità continua a diminuire, tornando sotto la soglia psicologica del 6% del Pil già nel 2028”.
Spesa sanitaria e Pil: la forbice si allarga. Il rapporto tra spesa sanitaria e prodotto interno lordo, infatti, fotografa una dinamica preoccupante: dal 6,04% nel 2025, si sale al 6,16% nel 2026, per poi scendere al 6,05% nel 2027 e al 5,93% nel 2028.
Secondo le proiezioni del Documento programmatico di finanza pubblica, il fabbisogno reale di spesa sanitaria sarebbe invece pari al 6,4-6,5% del Pil. Ne deriva un divario crescente tra risorse assegnate e spesa prevista: 6,8 miliardi nel 2026, 7,6 miliardi nel 2027 e 10,7 miliardi nel 2028.
Un gap che rischia di scaricarsi sui bilanci regionali, già in sofferenza. “Le Regioni – avverte Cartabellotta – saranno costrette a scelte dolorose: ridurre i servizi o aumentare le tasse. Una prospettiva che rischia di ampliare ulteriormente le diseguaglianze territoriali e sociali nell’accesso alle cure”.
Personale sanitario: assunzioni limitate, stipendi ancora poco attrattivi. La Manovra introduce un piano straordinario di assunzioni per il 2026, con 1.000 medici dirigenti e oltre 6.000 professionisti sanitari, principalmente infermieri. Il costo complessivo previsto è di 450 milioni di euro nel 2026 e 1,35 miliardi nel triennio.
Tuttavia, il tetto di spesa per il personale resta invariato, rendendo di fatto contraddittorio – secondo Gimbe – il concetto stesso di “piano assunzioni”. “Finché non sarà rimosso quel vincolo, ogni tentativo di rafforzare gli organici resterà un’operazione di facciata”, sottolinea Cartabellotta.
A ciò si aggiunge la crescente difficoltà nel reperire infermieri. “L’unica soluzione realistica nel breve periodo – afferma Gimbe – è il reclutamento dall’estero”, dato che in Italia il numero di laureati in scienze infermieristiche è in calo e aumentano le cancellazioni dagli albi professionali.
Sul fronte economico, la Manovra prevede un incremento dell’indennità di specificità: 3.000 euro lordi annui per i medici, 1.630 euro per gli infermieri e 490 euro per i dirigenti sanitari non medici. Troppo poco, secondo la Fondazione, per rendere attrattive carriere oggi minacciate da burnout, precarietà e scarsa valorizzazione professionale.
Prevenzione e salute mentale: investimenti a macchia di leopardo. Tra le misure più strutturate figura un pacchetto da 238 milioni di euro per la prevenzione, con particolare attenzione agli screening oncologici e ai programmi vaccinali. I fondi serviranno, tra l’altro, ad ampliare lo screening per il tumore della mammella (45-49 e 70-74 anni) e per il colon-retto (70-74 anni), oltre a sostenere il programma nazionale di prevenzione del tumore polmonare.
Un investimento positivo ma insufficiente, osserva Gimbe, poiché “le coperture degli screening restano ancora molto basse nel Mezzogiorno, dove i tassi di adesione si collocano ben al di sotto dei livelli raccomandati”.
Sul fronte della salute mentale, la Manovra destina 255 milioni di euro nel triennio, con 80 milioni nel 2026, 85 milioni nel 2027 e 90 milioni a partire dal 2028. Parte dei fondi servirà ad assumere personale nei servizi di salute mentale, un settore da anni sottofinanziato e in difficoltà a garantire la presa in carico dei pazienti.
Previsti anche 20 milioni annui per le cure palliative, un segnale importante ma ancora lontano dal colmare le carenze nella rete assistenziale.
Dispersione delle risorse e ruolo del privato. Uno dei punti più critici segnalati da Gimbe riguarda la frammentazione degli stanziamenti. “Le risorse – spiega Cartabellotta – sono distribuite tra molti destinatari, ma con importi troppo piccoli per produrre effetti tangibili”. Oltre 900 milioni di euro vengono destinati a soggetti privati: 50 milioni per la “farmacia dei servizi”, 350 milioni per l’adeguamento dei tetti di spesa farmaceutica, 280 milioni per i dispositivi medici e 123 milioni per prestazioni sanitarie erogate da strutture private accreditate. Una tendenza che, secondo la Fondazione, “rischia di rafforzare il ruolo del privato nella sanità pubblica, senza risolvere le criticità strutturali del Ssn”.
Nelle conclusioni del report, Cartabellotta non usa mezzi termini: “La Legge di Bilancio 2026 delude le legittime aspettative di professionisti e cittadini. Il boom di risorse riguarda solo il 2026, mentre nel biennio successivo si registra una stagnazione. Le misure non affrontano le criticità strutturali, non restituiscono attrattività alle carriere e non delineano una visione di lungo periodo”.
Secondo Gimbe, la sanità pubblica resta la vera emergenza del Paese, ma “le scelte politiche continuano a ignorarla”. Negli ultimi 15 anni – ricorda la Fondazione – nessun Governo ha invertito la rotta del definanziamento del Ssn né avviato un piano di riforme strutturali.
“È difficile accettare – conclude Cartabellotta – che il Governo trovi risorse per altri settori strategici, come la difesa, ma non per la sanità, che rappresenta il pilastro della nostra democrazia, uno strumento di coesione sociale e una leva essenziale di sviluppo economico”.