EvdUn Medico di Medicina Generale assiste 2-3 pazienti con lombalgia al giorno, rappresentando il 3,5% delle cause di accesso ai servizi di medicina generale (Negrini S, et al. Eura Medicophys 2006; 41: 151-170).
• Nonostante il carattere per lo più autolimitante e generalmente benigno dei dolori muscolari acuti, il carico fisico individuale nei soggetti colpiti è spesso elevato e i danni legati al dolore nella vita quotidiana sono considerevoli, motivo per cui molti pazienti cercano un aiuto medico specifico. Basti pensare che il dolore muscolare costituisce una delle principali cause di assenza dal lavoro (Coggon D, et al. Occup Environ Med 2013; 70: 575–584). Nonostante le terapie non farmacologiche costituiscano il trattamento di scelta secondo le linee guida, nella pratica clinica queste sono spesso affiancate da terapia farmacologica complementare.
• Tra le classi terapeutiche disponibili i FANS sono considerati la prima scelta. Tuttavia, da un punto di vista fisiopatologico, l’uso dei cosiddetti antispastici - almeno di quelli al di fuori del gruppo dei miorilassanti non benzodiazepinici - sembra avere più senso per un trattamento causale dei pazienti con dolore muscolare rispetto alla modalità d’azione prevalentemente sintomatica dei FANS.
• Le molecole (tiocolchicoside, tizanidina, ciclobenzaprina, eperisone) sono disponibili da diversi anni, consolidando la loro efficacia e sicurezza. Questo vale anche per il pridinolo mesilato, che pur essendosi recentemente aggiunto a rilassanti muscolari a disposizione, ha una precedente e lunga storia d’uso nel nostro paese.
• Quest’ultimo è stato recentemente oggetto di uno studio per valutarne efficacia e tollerabilità come trattamento aggiuntivo in pazienti con dolore muscolo-correlato (MRP) (Überall MA, et al. Curr Med Res Opin 2022; 38: 1203-1217). Si è trattato di un’analisi retrospettiva dei dati Real World raccolti tramite il registro elettronico tedesco del dolore (German Pain e-Registry).
• Dei 121.803 pazienti con dolore estratti dal registro, 1.133 hanno ricevuto per la prima volta una terapia aggiuntiva con pridinolo mesilato (PRI) di cui quasi la metà (43.2%) per il trattamento della lombalgia acuta.
• Endpoint primario era un miglioramento clinicamente rilevante dell’intensità del dolore e delle disabilità quotidiane legate al dolore; un miglioramento del benessere generale al termine del trattamento rispetto al basale e l’assenza di effetti avversi correlati al farmaco.
• Al termine di una terapia di 7 giorni (mediana) quasi 6 pazienti su 10 (58,8%) hanno raggiunto tutti gli endpoint, beneficiando di una risposta completa; il 34,9% ha avuto una risposta parziale e solo nel 6,4% dei casi il trattamento si è rivelato inadeguato.
• Inoltre, 4 pazienti su 10 (41,7%) hanno interrotto almeno un analgesico in risposta al trattamento con PRI e per 3 su 10 (30,8%) hanno riportato la completa cessazione di qualsiasi altro trattamento farmacologico antidolorifico.
• Il pridinolo mesilato è un miorilassante non benzodiazepinico che agisce attraverso l’antagonismo colinergico dei recettori muscarinici dell’acetilcolina: inibisce la conduzione degli stimoli nei motoneuroni spinali e questo riduce il tono muscolare a riposo. Dopo la somministrazione orale, raggiunge la massima concentrazione plasmatica
entro 1 ora.
• I dati di questo studio confermano che l’aggiunta di pridinolo nei pazienti con dolore acuto muscolo-correlato per i quali gli analgesici non si sono dimostrati sufficienti, è efficace e ben tollerato. La correlazione del miglioramento nei parametri di intensità del dolore e delle disabilità ad esso correlate suggerisce che gli effetti di PRI vadano oltre l’analgesia puramente sintomatica.

Angela Walmar