EvdLa mancata aderenza alle terapie farmacologiche è un problema di vasta portata: a livello globale, infatti, quasi il 50% dei pazienti affetti da malattie croniche non aderisce correttamente ai trattamenti. Questo si traduce in costi significativi, con stime di oltre 125 miliardi di euro annui in Europa per ricoveri e ulteriori cure, e un impatto economico in Italia di 16 miliardi di euro diretti e 5 miliardi indiretti all'anno. Non più confinato alle patologie cardiovascolari e metaboliche, il fenomeno sta emergendo con crescente preoccupazione anche nell'oncologia medica, a causa della complessità dei regimi e degli effetti collaterali. Questi temi sono stati discussi in un recente convegno nazionale di Foce (ConFederazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi).
Francesco Cognetti, Presidente di Foce, ha sottolineato l'influenza della percezione del cancro sull'aderenza, specificando: "Il cancro è ancora percepito come una malattia molto grave e potenzialmente letale e questo può influenzare il decorso dei trattamenti sia in modo positivo che negativo. Per esempio il tumore del colon-retto è uno dei più diffusi in Italia e fa registrare ogni anno più di 48mila casi sia maschili che femminili. Il tasso di non aderenza alle terapie supera oltre il 40% ed è causato da molti fattori clinici-psicologici oltre che sociali. Al momento, anche per la fase metastatica della malattia, esistono dei farmaci orali molto efficaci e ‘comodi’. Possono essere assunti anche a domicilio e sono in grado di migliorare la sopravvivenza. È però fondamentale rispettare tutte le modalità di assunzione indicate dagli specialisti medici. Per favorire l’aderenza alle terapie è necessario un approccio personalizzato e soprattutto multidisciplinare. Infatti coinvolgendo più specialisti come oncologi, chirurghi, radioterapisti, infermieri e psicologi è possibile elaborare strategie anche di comunicazione per sensibilizzare malati e caregiver".
La sfida dell'aderenza è amplificata dal contesto demografico italiano. Graziano Onder, Direttore Scientifico della Società Europea di Geriatria, ha evidenziato: "L’Europa è sempre di più il ‘Vecchio Continente’ anche a livello di anzianità della popolazione residente. In questo quadro l’Italia risulta essere un Paese particolarmente avanti con gli anni dal momento che gli over 65 sono addirittura più di 14 milioni. Il 60% di loro è colpito da almeno una malattia cronica e sono quasi tutte persone esposte anche al rischio d’insorgenza di patologie fatali. Grazie alla ricerca e all’innovazione medica le nuove terapie sono in grado di garantire migliori aspettative e qualità di vita. Ma per assicurare l’efficacia dei trattamenti è necessario che siano assunti sempre correttamente dai pazienti".
Come esempio concreto di patologia cronica diffusa, Dario Manfellotto, Presidente Fondazione Fadoi, ha menzionato il diabete: "Una delle condizioni di salute più frequenti legate alla terza età è il diabete. Una malattia cronica che nel nostro Paese interessa oltre 4 milioni di persone che saliranno a 5 milioni entro il 2030. Il problema più rilevante sono le sue innumerevoli complicanze come quelle cardiovascolari e renali che vengono sviluppate da quasi la metà dei pazienti. Molte di queste potrebbero essere prevenute ed evitate anche grazie ad una migliore aderenza terapeutica".
Le cause della scarsa aderenza sono molteplici, spaziando dalla dimenticanza alla paura degli effetti collaterali, fino a una comunicazione inefficace tra operatori sanitari e pazienti. Francesco Cognetti ha concluso: "In tutte le malattie, sia croniche che acute, le cause che influenzano la mancata aderenza possono essere innumerevoli. I pazienti possono dimenticarsi della ‘pillola’ oppure non prenderla per timore di possibili effetti collaterali o di pesanti controindicazioni. Tuttavia possono esserci alla base anche ragioni più complesse che riguardano, per esempio, una scarsa comunicazione tra gli operatori sanitari e i pazienti. Compito del medico deve essere sempre fornire informazioni semplici e comprensibili. Deve poi coinvolgere il malato nelle decisioni riguardanti i farmaci, anche semplificando i regimi terapeutici e sostenendolo lungo tutto il percorso terapeutico. Va realizzata quindi un’alleanza terapeutica centrata sulla persona, naturalmente insieme alle altre figure professionali che compongono il team multidisciplinare (farmacista clinico, infermiere, psicologo e nutrizionista)". Un approccio personalizzato e un'alleanza terapeutica multidisciplinare sono quindi essenziali per migliorare l'aderenza e l'efficacia dei trattamenti.