Omicron, in ordine di apparizione la penultima variante del SARS-CoV-2 potrebbe essere più difficile da individuare con i test antigenici rapidi, specie quelli nasali, mentre sarebbe più facilmente rilevabile con campioni salivari provenienti dalla faringe. È quanto suggerisce uno studio a cura di diverse università statunitensi, disponibile in preprint e condotto su un piccolo campione di persone vaccinate risultate positive a Covid durante l’impennata di contagi dovuta a Omicron. Secondo la ricerca, infatti, i test rapidi che utilizzano solo i tamponi nasali potrebbero non rilevare la variante nei primi giorni dell’infezione, facilitando la trasmissione dei contagi.

È stato l’istituto francese Ihu Méditerranée Infection a dare il nome alla nuova variante del virus che formalmente risponde alla sigla B.1.640.2. Pochi sono i casi identificati ma della variante si sa che presenta decine di mutazioni rispetto al virus originale, molte anche sulla proteina spike e che alcune potrebbero condizionare la sua capacità di trasmettersi e di sfuggire ai vaccini attuali.

Un'interessante analisi pubblicata sul New England Journal of Medicine, riferisce della relazione tra l'escrezione urinaria di sodio nelle 24 ore (che viene utilizzata come surrogato dell'assunzione di sodio nella dieta) e il rischio cardiovascolare. Uno dei principali punti di forza di questa analisi è l'aumento della potenza dovuto alla raccolta di informazioni dei partecipanti a sei studi di coorte prospettici che hanno raccolto dati da almeno due misurazioni dell'escrezione urinaria di sodio nelle 24 ore. I risultati di questa analisi dovrebbero così rappresentare dati affidabili e ben potenziati sulla relazione tra assunzione di sale e malattie cardiovascolari.

Dopo quasi due anni di pandemia, la disfunzione olfattiva cronica (COD), presente cioè per più di 6 mesi, è emersa come uno dei sintomi del Covid a lungo termine. La perdita dell'olfatto è stata associata a una diminuzione della qualità generale della vita, a ridotta assunzione di cibo, a incapacità di rilevare gas e fumo nocivi, a maggiori preoccupazioni per l'igiene personale, a diminuzione del benessere sociale e a comparsa di sintomi depressivi.

Secondo uno studio pubblicato su Thorax, le persone con allergia ai pollini, rinite, eczema atopico e altre condizioni allergiche avrebbero un rischio inferiore di sviluppare Covid, in particolare se soffrono anche di asma. Lo studio ha mostrato anche che l'età avanzata, il sesso maschile e altre condizioni sottostanti non hanno indicato un aumento del rischio di sviluppare Covid. Ma l'etnia asiatica, l'obesità, il sovraffollamento delle famiglie, la socializzazione al chiuso con altre famiglie e le professioni che implicano il contatto con altre persone (anche in campi diversi dalla salute e dall'assistenza sociale) erano fattori associati in modo indipendente a una maggiore suscettibilità.

Si chiama AOP, arteriopatia obliterante periferica, ed è una forma di aterosclerosi localizzata alle arterie degli arti inferiori che può avere conseguenze serie come l’invalidità permanente e può preludere infarto e ictus. La diagnosi precoce è fondamentale così come la presenza di una rete specialistica. La pandemia ha aggravato la situazione come dimostra uno studio pubblicato su Vascular Medicine.

Nonostante l'incidenza rimanga quasi doppia rispetto a quella registrata nella stagione 2019-2020, dopo un inizio in corsa, in questi ultimi giorni la diffusione del virus influenzale stagionale sembra essersi stabilizzata. Si è riscontrato anche un lieve calo di nuovi contagi tra i bambini al di sotto dei 4 anni, che comunque rimangono la fascia più colpita. Continuano a circolare però molti altri virus respiratori, oltre a Sars COV-2 si segnalano casi di sindrome simil-influenzale e infezioni da virus respiratorio sinciziale (VRS), virus che colpisce prevalentemente i bambini sotto l'anno di età.