I pazienti ospedalizzati per Covid-19, cui sono stati diagnosticati sintomi neurologici collegati alla malattia, hanno sei volte più probabilità di morire in ospedale rispetto a quelli senza complicazioni neurologiche. Questa la principale evidenza di uno studio su scala globale del Global Consortium Study of Neurologic Dysfunction in Covid-19 (GCS-NeuroCovid), condotto per raccogliere e analizzare dati sull'incidenza, la gravità e gli esiti delle manifestazioni neurologiche del Covid-19.

Il virus utilizza la proteina spike per riconoscere ed entrare nella cellula ospite e le varianti di SARS-CoV-2 individuate presentano mutazioni in un sito chiave sulla proteina spike, chiamata sito di legame del recettore (RBS). Alcune di queste mutazioni rendono meno efficace l’attività degli anticorpi prodotti in risposta al contatto con i ceppi virali precedenti e ciò consente alle varianti di sfuggire, almeno parzialmente, alla risposta immunitaria. Desta preoccupazione il fatto che nuove varianti potrebbero rendere i vaccini esistenti meno efficaci ad eliminare la pandemia.

Nella gestione del dolore cronico il successo risulta facilitato dall’identificazione del tipo di dolore presente. Un panel di esperti della SIMG ha presentato un set di strumenti diagnostici e un algoritmo del dolore che, uniti ad anamnesi e valutazione clinica, forniscono al medico un’utile guida verso una corretta diagnosi

La Banca del Sangue Raro del Policlinico di Milano, unica nel suo genere in Italia, conserva oltre 2mila sacche di sangue raro, mentre il suo database con 100mila donatori ha classificato più di 15mila donatori rari e 1.000 cosiddetti 'ultra-rari'. Ogni anno risponde a quasi 500 consulenze di indagini per richieste di emocomponenti di gruppo raro provenienti da tutta Italia, qualcuna anche dall'estero.

In occasione del congresso della società europea di aterosclerosi (EAS), svoltosi in modalità virtuale (30 maggio – 2 giugno 2021) sono stati presentati i dati del registro dell'ipercolesterolemia familiare omozigote (HICC), il più grande database globale di pazienti con ipercolesterolemia familiare omozigote (IFO). 

Per decenni gli studi hanno trovato una relazione tra l'ictus e a seguire la comparsa di un disturbo ossessivo compulsivo. Ora alcuni recenti dati sembrano puntare verso una correlazione nell’altro senso. E i ricercatori suggeriscono ai medici di monitorare attentamente pressione arteriosa e profili lipidici, spesso prodromi all’insorgenza di ictus, nei pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo.

I dati a lungo termine raccolti nel nord Italia, area duramente colpita durante i primi giorni di pandemia, suggeriscono che la reinfezione dopo il recupero dall'infezione da Covid-19 è molto rara e l'immunità negli ex pazienti potrebbe essere di lunga durata. "L'immunità naturale a SARS-CoV-2 sembra conferire un effetto protettivo per almeno un anno, che è simile alla protezione riportata in recenti studi sui vaccini", ha spiegato il team di ricercatori guidato dal dott. Nicola Mumoli, dell'Ospedale Fornaroli di Magenta.