Diabete, se giovanile apre la strada a successiva demenza
Uno studio di popolazione condotto nel Regno Unito ha dimostrato che i pazienti con esordio giovanile del diabete di tipo 2 erano anche a maggior rischio di sviluppare demenza più avanti nella vita. In altre parole la giovane età di insorgenza del diabete sembra essere un fattore di rischio per la successiva demenza.
Malattie epatiche croniche e disturbi da abuso di alcol sono da considerarsi fattori di rischio indipendenti per la mortalità da Covid-19 e hanno anche contribuito al carico di malattia nel 2020. Queste le conclusioni di uno studio presentato all’International Liver Congress (23-26 giugno 2021).
Alcuni dati presentati al congresso Heart Failure 2021 indicano che gli infarti miocardici che si sono verificati durante la pandemia di Covid-19 hanno avuto maggiori probabilità di provocare insufficienza cardiaca rispetto agli eventi verificatisi un anno prima.
Segni conclamati quali febbre, tosse e perdita dell'olfatto o del gusto costituiscono un insieme di sintomi troppo ristretto per poter individuare i casi più lievi. Per ovviare a questo problema i clinici suggeriscono un ampliamento dei sintomi di prima linea, frutto di una collaborazione internazionale.
Non si contano più gli organi e tessuti che hanno mostrato il fianco al virus SARS-CoV-2 con conseguenze anche a lungo termine. Tra questi anche le ossa, al centro di una sessione del Congresso CUEM 2021, in modalità online dall’1 al 3 luglio: l’88% dei soggetti con fratture vertebrali ha richiesto ricovero ospedaliero.
Qual è la procedura più appropriata per identificare le persone anziane più a rischio di caduta e per specificare, una volta eseguito il test, la probabilità di evento? L'analisi del follow-up di un gruppo di adulti di età compresa tra 80 e 102 anni ha dimostrato che il BESTest e il Mini-BESTest sono i migliori performer nella previsione del rischio di cadute in caso di test positivo (70%), seguiti dal TUG test (66%) e dalla velocità di camminata (63%).
I recettori per il gusto amaro presenti sulla lingua sono stati associati all'immunità naturale nei confronti di patogeni che possono invadere sia il naso sia i seni nasali. Uno studio ha evidenziato che i soggetti con una bassa capacità di identificare il gusto amaro avrebbero maggiori probabilità di essere infettati da SARS-CoV-2 rispetto a chi invece dispone di questi recettori.