Per decenni gli studi hanno trovato una relazione tra l'ictus e a seguire la comparsa di un disturbo ossessivo compulsivo. Ora alcuni recenti dati sembrano puntare verso una correlazione nell’altro senso. E i ricercatori suggeriscono ai medici di monitorare attentamente pressione arteriosa e profili lipidici, spesso prodromi all’insorgenza di ictus, nei pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo.
I dati a lungo termine raccolti nel nord Italia, area duramente colpita durante i primi giorni di pandemia, suggeriscono che la reinfezione dopo il recupero dall'infezione da Covid-19 è molto rara e l'immunità negli ex pazienti potrebbe essere di lunga durata. "L'immunità naturale a SARS-CoV-2 sembra conferire un effetto protettivo per almeno un anno, che è simile alla protezione riportata in recenti studi sui vaccini", ha spiegato il team di ricercatori guidato dal dott. Nicola Mumoli, dell'Ospedale Fornaroli di Magenta.
È online il primo bollettino su “Prevalenza e distribuzione delle varianti del virus SARS-CoV-2 di interesse per la sanità pubblica in Italia”. Il rapporto integra i dati sulle varianti del virus di interesse per la sanità pubblica circolanti in Italia provenienti dall’indagine rapida di prevalenza condotta dall’Iss in collaborazione con Fondazione Bruno Kessler e Ministero della Salute, con quelli sulla distribuzione delle stesse varianti riportata dalle Regioni e Province Autonome (PA) e dal Laboratorio nazionale di riferimento per SARS-CoV-2 dell’Istituto Superiore Sanità nel Sistema di Sorveglianza Integrata COVID-19.
Uno studio condotto su 1.095 pazienti ospedalizzati con Covid-19 ha rilevato che due segni facilmente misurabili - la frequenza respiratoria e la saturazione di ossigeno nel sangue - sono fortemente predittivi di una mortalità più elevata. In particolare, hanno detto gli autori, in tutti i pazienti che hanno avuto esito positivo al test di screening Covid-19 il monitoraggio domiciliare di questi due segni acquista una rilevanza importante soprattutto nell’ambito della Medicina Generale in quanto il medico di famiglia rappresenta il primo contatto per i pazienti.
Il consumo di tabacco continua a contribuire in maniera significativa al carico globale di malattie, causando circa il 12% dei decessi in tutto il mondo nelle persone di età pari o superiore a 30 anni. Quattro importanti società scientifiche - American Heart Association, American College of Cardiology, European Society of Cardiology e World Heart Federation - hanno rilasciato una nota in cui si chiede una azione più incisiva su scala globale per porre fine una volta per tutte all’uso del tabacco.
Un adulto su 7 (14%) con infezione da SARS-CoV-2 ha sviluppato almeno una nuova condizione che ha richiesto cure mediche durante la fase post-acuta della malattia, un tasso che supera del 5% quello che si registra nei soggetti senza infezione: lo rivela uno studio pubblicato di recente sul British Medical Journal.
“Il tema scelto per la Settimana Mondiale della Tiroide 2021 vuole cercare di dare risposta alle tante domande che le persone con una malattia tiroidea si fanno in questo periodo e individuare quali siano le patologie tiroidee che possano rendere il paziente più ‘fragile’ nei confronti della malattia da Sars-CoV2. Il principale obiettivo della Settimana è sensibilizzare la popolazione in merito ai problemi connessi alle malattie della tiroide e alla loro prevenzione”, ha illustrato Luca Chiovato, Presidente Associazione Italiana della Tiroide, AIT e coordinatore e responsabile scientifico della Settimana Mondiale della Tiroide.