
Il Congresso ha riunito medici di famiglia e rappresentanti sindacali per affrontare le criticità più urgenti del Servizio sanitario nazionale. In primo piano, la necessità di rafforzare la Medicina generale come pilastro dell’assistenza territoriale, in un contesto segnato da crescente fragilità demografica e pressione sulle cure primarie.
“Il medico di famiglia non è un ingranaggio impersonale, ma il primo volto del Servizio sanitario nazionale. Senza una Medicina generale forte, il Ssn non regge.” Con queste parole, il presidente nazionale dello Snami, Angelo Testa, ha aperto i lavori congressuali, tracciando una netta distinzione tra riforme di facciata e interventi strutturali capaci di restituire dignità alla professione.
Testa ha denunciato il rischio di una Mg ridotta a mera funzione amministrativa, priva di autonomia clinica e di riconoscimento economico: “Non chiediamo privilegi. Chiediamo di poter fare i medici, non i burocrati. Chiediamo una previdenza più equa, accordi dignitosi e investimenti veri sul territorio.”
Tra i nodi critici sollevati:
1. Il ruolo unico, definito “un modello che cancella la fiducia medico-paziente”.
2. Le Case di Comunità, bollate come “scatole vuote” e “cattedrali nel deserto” se non integrate con il lavoro dei medici di famiglia.
3. La persistente assenza di una specializzazione universitaria per la Medicina generale.
Su quest’ultimo punto, nella terza giornata congressuale, Snami ha denunciato le gravi criticità emerse dal concorso di accesso alla Medicina generale. I dati parlano chiaro: posti disponibili non coperti, assegnazioni tardive e un tasso di abbandono tra il primo e il secondo anno che sfiora il 20%.
“Altro che inversione di rotta – ha dichiarato Testa –. Questi numeri dimostrano la totale assenza di una programmazione seria. Il problema non è solo quantitativo, è qualitativo: finché la Medicina Generale resterà una formazione di serie B, non attrarrà le nuove generazioni.”
Il sindacato ha ribadito la necessità di:
1. Trasformare il corso in una vera specializzazione universitaria.
2. Istituire un Settore Scientifico Disciplinare internistico.
3. Introdurre una prova unica nazionale e sincronizzare i concorsi.
“La mancata riforma è una responsabilità politica e istituzionale – ha aggiunto Testa –. Oggi produciamo un doppio danno: ai giovani medici, che si perdono lungo il percorso, e ai cittadini, che continuano a pagare il prezzo della carenza di medici di famiglia".
Sul tema della cronicità, Testa ha ribadito: “La cura della cronicità non si improvvisa con turni massacranti o con logiche ospedalocentriche travestite da innovazione. Servono strumenti e risorse per chi già opera sul territorio”.
Il sindacato propone un modello di presa in carico territoriale fondato su:
⦁ Telemedicina e case management.
⦁ Educazione del paziente come leva di responsabilizzazione.
⦁ Integrazione reale dei servizi e coinvolgimento attivo della comunità.
Il Congresso si è concluso con un messaggio chiaro: la Medicina generale non è una variabile residuale, ma il fulcro di una sanità pubblica equa, sostenibile e universale. “Se non ci ascolteranno – ha concluso Testa – siamo pronti a far sentire la nostra voce con forza. La Mg non si svende: si difende. Per i medici, per i cittadini, per il futuro del Servizio sanitario nazionale". La mozione finale del Congresso sottolinea questi concetti espressi dal presidente Testa: “Difendere l’autonomia e la dignità dei medici significa difendere i cittadini. Il Congresso dà mandato al Presidente di proclamare lo sciopero generale della Medicina generale: non un gesto simbolico, ma un atto di responsabilità verso il futuro del Ssn".