EvdCon l’approvazione del nuovo Testo Unico della Farmaceutica, il Governo ha posto le basi per regolamentare una figura che promette di trasformare l’accesso alle cure: il farmacista prescrittore. Un ruolo già attivo in diversi Paesi europei, ma che in Italia solleva interrogativi profondi sulla ridefinizione delle competenze sanitarie.
Secondo la bozza normativa, il farmacista potrebbe essere autorizzato a prescrivere farmaci in ambiti circoscritti: patologie minori, rinnovo di terapie croniche, screening e campagne di prevenzione. Il tutto vincolato a protocolli condivisi e a una formazione specialistica certificata.
Le opportunità non mancano. In un sistema sanitario sotto pressione, con carenza di medici e lunghe attese, il farmacista prescrittore potrebbe rappresentare un presidio territoriale agile, capace di intercettare bisogni immediati e alleggerire il carico dei medici di medicina generale. La sua presenza capillare e la competenza farmacologica sono asset da valorizzare.
Ma i rischi di sovrapposizione sono evidenti. I medici di medicina generale, già responsabili della presa in carico dei pazienti cronici, temono una frammentazione del percorso terapeutico. “La cronicità non si gestisce con atti isolati, ma con una visione clinica integrata”, sottolineano fonti sindacali. Senza accesso alla cartella clinica, il farmacista rischia di operare in assenza di contesto, con potenziali ricadute sulla sicurezza e sull’efficacia delle cure.
Anche il nodo della responsabilità medico-legale resta aperto: chi risponde in caso di errore prescrittivo? E come si garantisce la continuità assistenziale tra professionisti?
Motivo per cui le associazioni mediche chiedono un tavolo interministeriale che coinvolga Fnomceo, Fofi, sindacati e mondo accademico, per definire confini, interoperabilità e responsabilità. 
I nodi da sciogliere al tavolo
1.    Confini operativi: quali farmaci può prescrivere il farmacista? In quali condizioni cliniche? Con quali limiti temporali e informativi?
2.    Accesso ai dati clinici: il farmacista avrà accesso alla cartella del paziente? Come si garantisce la continuità assistenziale?
3.    Responsabilità medico-legale: chi risponde in caso di errore, reazione avversa o interazione non valutata?
4.    Formazione e certificazione: quale percorso formativo deve seguire il farmacista per assumere responsabilità prescrittive?
5.    Ruolo del Mmg nella cronicità: come si preserva la regia clinica del medico di famiglia, già responsabile della presa in carico?

“Serve una visione integrata, non una delega parziale”, affermano i rappresentanti dei Mmg. Il rischio, secondo molti medici, è quello di una frammentazione del percorso di cura, dove il paziente diventa oggetto di interventi disgiunti, privi di una regia clinica unitaria.
La richiesta non è di chiusura corporativa, ma di coerenza sistemica: valorizzare le competenze di tutti i professionisti sanitari, ma all’interno di un modello condiviso, che metta al centro la sicurezza del paziente e la qualità dell’assistenza.
Nel frattempo, il dibattito si accende anche sul piano culturale. Se da un lato si invoca una sanità più accessibile e flessibile, dall’altro si teme una deriva verso la semplificazione della cura, che rischia di indebolire la relazione medico-paziente e la qualità dell’assistenza.
La sfida è chiara: valorizzare tutte le competenze sanitarie senza generare sovrapposizioni, garantendo sicurezza, coerenza e centralità del paziente. Il farmacista prescrittore può essere un’opportunità, ma solo se inserito in un sistema regolato, integrato e orientato alla qualità.