La Delibera XII/4986, approvata dalla Giunta Regionale Lombarda il 15 settembre 2025, ha riacceso il dibattito sul futuro del Ssn. Il provvedimento impone alle strutture pubbliche - Asst e Irccs -— di rendere disponibili le proprie prestazioni anche per il mercato della sanità integrativa, includendo assicurazioni, mutue e pacchetti di welfare aziendale. Un passaggio che, secondo Medicina Democratica, non rappresenta una semplice apertura, ma un cambio di paradigma: l’ingresso formale del pubblico in un sistema che premia chi può permettersi di “investire” nella salute. L’associazione denuncia una deriva privatizzatrice, mascherata da razionalizzazione, che rischia di minare l’universalità del Ssn e di creare canali di accesso differenziati alle cure. Ma quanto di queste preoccupazioni trova riscontro nel testo della delibera?
Il primo punto sollevato da Medicina Democratica riguarda la natura vincolante del provvedimento. Non si tratta di una possibilità concessa alle strutture pubbliche, ma di un obbligo normativo. La delibera è esplicitamente indirizzata agli erogatori pubblici e impone loro di adeguare la propria disciplina aziendale alle Linee guida regionali, adottando uno Schema di convenzione già predisposto. Le strutture possono adattarlo formalmente, ma devono rispettarne i principi. In questo senso, l’analisi tecnica conferma che non si tratta di una facoltà discrezionale, ma di una direttiva operativa.
Un altro nodo riguarda l’accesso alle prestazioni. Il testo della delibera riconosce il ricorso crescente a forme integrative — assicurazioni individuali, mutue, welfare aziendale — e stabilisce che anche le strutture pubbliche debbano concorrere all’erogazione di prestazioni in questo regime. Di fatto, chi dispone di coperture integrative potrà accedere più rapidamente a visite, esami e ricoveri, anche in ospedali pubblici. Per Medicina Democratica, questo equivale a “saltare la fila”, con il rischio di accentuare le diseguaglianze e alimentare forme di “bullismo sociale” tra chi può e chi non può permettersi una sanità parallela.
Incentivi economici e distorsione dell’impegno clinico. La delibera prevede anche misure di valorizzazione del personale sanitario, con l’obiettivo di fidelizzarlo e aumentare la ricettività delle strutture. In pratica, le prestazioni in regime integrativo saranno meglio remunerate rispetto a quelle ordinarie e persino alla libera professione intramuraria. Questo, secondo Medicina Democratica, potrebbe spingere gli operatori a privilegiare le attività più vantaggiose, a scapito della presa in carico ordinaria e della continuità assistenziale. Il rischio di una distorsione dell’impegno clinico è concreto, soprattutto in un contesto già segnato da carenze di organico e sovraccarico burocratico.
Nessun piano straordinario di assunzione. Un altro elemento critico riguarda il rafforzamento strutturale. La delibera non prevede piani straordinari di assunzione, né interventi mirati per sostenere l’aumento di carico derivante dalla gestione dei rapporti con fondi, mutue e compagnie assicurative. Si approva uno schema di convenzione e si istituisce un gruppo di lavoro per analizzare il mercato “out of pocket”, ma non si affronta il tema della capacità operativa delle strutture pubbliche. Per Medicina Democratica, questo silenzio è significativo: si introduce un nuovo modello gestionale senza rafforzare le fondamenta del sistema.
Equivalenza tra pubblico e privato: un principio implicito. Infine, la questione ideologica. La delibera non utilizza esplicitamente la formula “equivalenza tra strutture pubbliche e private accreditate”, ma il principio è attuato nei fatti. Le strutture pubbliche vengono formalmente inserite nel circuito della sanità integrativa, con accesso paritario ai canali di finanziamento e alle convenzioni. Per Medicina Democratica, questo rappresenta l’ultimo tassello verso la cancellazione del Ssn universalistico e il ritorno a un sistema mutualistico differenziato, dove l’accesso alle cure dipende dalle risorse economiche o contrattuali del singolo.
Una riflessione per la Medicina generale. Per i medici di medicina generale, il provvedimento apre scenari complessi. La presa in carico del paziente rischia di frammentarsi, con percorsi paralleli e responsabilità cliniche sempre più difficili da definire. In un sistema che premia la prestazione “solvente”, il ruolo del Mmg come presidio territoriale e garante della continuità assistenziale potrebbe essere messo in discussione. In questo contesto, la richiesta di regole chiare, interoperabilità e responsabilità condivise non è solo legittima, ma urgente.

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