Un adulto su cinque in Europa vive con sintomi di ansia o depressione, ma oltre due terzi non ricevono assistenza adeguata. In Italia crescono i ricoveri psichiatrici e le consulenze nei Pronto soccorso, mentre calano le risorse e la prevenzione resta marginale. I dati di Ocse e Iss descrivono un sistema in affanno, tra carenza di personale e domanda di cura sempre più alta. Un europeo su cinque vive con sintomi di ansia o depressione, ma oltre due terzi non ricevono alcun tipo di assistenza. È la fotografia allarmante del nuovo rapporto Ocse “Mental Health Promotion and Prevention” (2025), realizzato in collaborazione con la Commissione europea, che descrive la salute mentale come “una delle principali sfide di sanità pubblica del nostro tempo”. 
L’impatto economico è enorme: la somma dei costi diretti e indiretti supera il 4% del Pil dei Paesi Ue e Ocse, tra cure, perdita di produttività e inclusione sociale compromessa. Secondo l’Ocse, il 75% dei disturbi mentali dell’adulto ha origine prima dei 25 anni, con un picco durante l’adolescenza e la maternità.
Le donne registrano tassi di depressione superiori del 62% rispetto agli uomini, mentre questi ultimi sono più colpiti dal suicidio, con incidenze fino a sette volte più alte.
Il rapporto sottolinea come barriere economiche, tempi di attesa e stigma rappresentino ancora oggi i principali ostacoli all’accesso alle cure.
“Investire nella salute mentale - evidenzia l’Ocse - non è solo una questione di welfare, ma una priorità economica e sociale”.
Italia: domanda crescente, risposte fragili. Nel nostro Paese, i dati Passi 2023-2024 confermano che oltre il 6% degli adulti riferisce sintomi depressivi, con un peggioramento del benessere psicologico per circa 16 giorni al mese. Tra gli over 65, la quota sale al 9%, con picchi del 13% dopo gli 85 anni. Le condizioni più critiche si osservano tra donne, persone sole o economicamente fragili, e in chi vive con patologie croniche.
Solo due persone su tre tra chi manifesta sintomi chiedono aiuto - spesso al medico di famiglia o a operatori sanitari - ma resta un 23% che non si rivolge a nessuno.
Una recente indagine del Centro per le scienze comportamentali e la salute mentale dell’Iss mostra che, tra il 2021 e il 2023, il sistema italiano di salute mentale ha mantenuto una rete territoriale stabile, ma con una domanda di cura in aumento:
⦁    Più ricoveri psichiatrici ospedalieri e consulenze nei Pronto soccorso.
⦁    Crescita dei casi di autolesionismo, soprattutto tra i giovani.
⦁    Calano psichiatri, assistenti sociali e terapisti della riabilitazione, mentre crescono gli psicologi.
⦁    Forte riduzione della telemedicina, con ritorno alle visite in presenza.

“La fotografia è chiara — spiega il team Iss —: cresce il bisogno di assistenza, ma non in modo uniforme sul territorio. Serve una strategia nazionale di rafforzamento della rete e del personale".
L’Ocse, infatti,  segnala per l’Italia una delle dotazioni più basse di psicologi in Europa: circa 3,5 per 1.000 abitanti, a fronte di 6-8 nei Paesi del Nord. La spesa in prevenzione resta ferma intorno allo 0,6% del Pil, meno della metà rispetto a Svezia, Germania o Paesi Bassi. Il risultato è un sistema che tende a intervenire tardi e in emergenza, anziché puntare su promozione, prevenzione e intervento precoce, in particolare nei contesti scolastici e lavorativi.
Per affrontare la crisi, l’Iss è co-coordinatore della Joint Action europea “Mentor”, che coinvolge 20 Paesi e 44 istituzioni con l’obiettivo di integrare la salute mentale in tutte le politiche pubbliche — dalla scuola al lavoro, dall’ambiente al welfare.
Il programma punta su:
1.    Prevenzione e promozione del benessere mentale sin dall’infanzia.
2.    Integrazione tra servizi sanitari, sociali ed educativi.
3.    Tecnologie digitali sicure ed etiche per ampliare l’accesso alle cure.
I primi risultati verranno presentati nei prossimi giorni a Varsavia, durante il meeting europeo di coordinamento.

Verso un nuovo paradigma. I dati convergono su un punto: la salute mentale è una priorità collettiva, non confinabile al solo ambito sanitario. La pandemia ha amplificato fragilità preesistenti e accelerato un cambiamento di percezione: oggi, depressione e ansia non sono più emergenze invisibili, ma questioni strutturali di salute pubblica. Servono risorse, prevenzione e una cultura dell’ascolto perché, come ricorda l’Ocse, “non esiste benessere economico senza benessere mentale”.