Disagio mentale in aumento, il sistema non regge
L’impatto economico è enorme: la somma dei costi diretti e indiretti supera il 4% del Pil dei Paesi Ue e Ocse, tra cure, perdita di produttività e inclusione sociale compromessa. Secondo l’Ocse, il 75% dei disturbi mentali dell’adulto ha origine prima dei 25 anni, con un picco durante l’adolescenza e la maternità.
Le donne registrano tassi di depressione superiori del 62% rispetto agli uomini, mentre questi ultimi sono più colpiti dal suicidio, con incidenze fino a sette volte più alte.
Il rapporto sottolinea come barriere economiche, tempi di attesa e stigma rappresentino ancora oggi i principali ostacoli all’accesso alle cure.
“Investire nella salute mentale - evidenzia l’Ocse - non è solo una questione di welfare, ma una priorità economica e sociale”.
Italia: domanda crescente, risposte fragili. Nel nostro Paese, i dati Passi 2023-2024 confermano che oltre il 6% degli adulti riferisce sintomi depressivi, con un peggioramento del benessere psicologico per circa 16 giorni al mese. Tra gli over 65, la quota sale al 9%, con picchi del 13% dopo gli 85 anni. Le condizioni più critiche si osservano tra donne, persone sole o economicamente fragili, e in chi vive con patologie croniche.
Solo due persone su tre tra chi manifesta sintomi chiedono aiuto - spesso al medico di famiglia o a operatori sanitari - ma resta un 23% che non si rivolge a nessuno.
Una recente indagine del Centro per le scienze comportamentali e la salute mentale dell’Iss mostra che, tra il 2021 e il 2023, il sistema italiano di salute mentale ha mantenuto una rete territoriale stabile, ma con una domanda di cura in aumento:
⦁ Più ricoveri psichiatrici ospedalieri e consulenze nei Pronto soccorso.
⦁ Crescita dei casi di autolesionismo, soprattutto tra i giovani.
⦁ Calano psichiatri, assistenti sociali e terapisti della riabilitazione, mentre crescono gli psicologi.
⦁ Forte riduzione della telemedicina, con ritorno alle visite in presenza.
“La fotografia è chiara — spiega il team Iss —: cresce il bisogno di assistenza, ma non in modo uniforme sul territorio. Serve una strategia nazionale di rafforzamento della rete e del personale".
L’Ocse, infatti, segnala per l’Italia una delle dotazioni più basse di psicologi in Europa: circa 3,5 per 1.000 abitanti, a fronte di 6-8 nei Paesi del Nord. La spesa in prevenzione resta ferma intorno allo 0,6% del Pil, meno della metà rispetto a Svezia, Germania o Paesi Bassi. Il risultato è un sistema che tende a intervenire tardi e in emergenza, anziché puntare su promozione, prevenzione e intervento precoce, in particolare nei contesti scolastici e lavorativi.
Per affrontare la crisi, l’Iss è co-coordinatore della Joint Action europea “Mentor”, che coinvolge 20 Paesi e 44 istituzioni con l’obiettivo di integrare la salute mentale in tutte le politiche pubbliche — dalla scuola al lavoro, dall’ambiente al welfare.
Il programma punta su:
1. Prevenzione e promozione del benessere mentale sin dall’infanzia.
2. Integrazione tra servizi sanitari, sociali ed educativi.
3. Tecnologie digitali sicure ed etiche per ampliare l’accesso alle cure.
I primi risultati verranno presentati nei prossimi giorni a Varsavia, durante il meeting europeo di coordinamento.
Verso un nuovo paradigma. I dati convergono su un punto: la salute mentale è una priorità collettiva, non confinabile al solo ambito sanitario. La pandemia ha amplificato fragilità preesistenti e accelerato un cambiamento di percezione: oggi, depressione e ansia non sono più emergenze invisibili, ma questioni strutturali di salute pubblica. Servono risorse, prevenzione e una cultura dell’ascolto perché, come ricorda l’Ocse, “non esiste benessere economico senza benessere mentale”.