La Manovra 2026 presenta un aumento apparente delle risorse per la sanità pubblica, ma secondo la Fondazione Gimbe si tratta in realtà di un definanziamento strutturale. In audizione davanti alle Commissioni Bilancio riunite di Senato e Camera, la Fondazione ha mostrato che tra il Fondo sanitario nazionale (Fsn) effettivo e quello che si sarebbe ottenuto mantenendo il finanziamento stabile al 6,3% del Pil nel 2022, si registra un gap cumulato di 17,5 miliardi di euro nel periodo 2023-2026."Il Disegno di Legge sulla Manovra 2026 – ha dichiarato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – è molto lontano dalle necessità della sanità pubblica: le risorse stanziate non bastano a risollevare un Servizio sanitario nazionale (Ssn) in grave affanno, sono insufficienti per coprire tutte le misure previste e mancano all’appello priorità cruciali per la tenuta della sanità pubblica".
Il Fsn vede un incremento significativo solo nel 2026, pari a 6,6 miliardi (+4,8%) rispetto al 2025, ma gran parte di questi fondi proviene da manovre precedenti, già destinati principalmente ai rinnovi contrattuali del personale sanitario. Negli anni successivi, la crescita del Fsn è minima: 995 milioni (+0,7%) nel 2027 e 867 milioni (+0,6%) nel 2028. In rapporto al Pil, la quota destinata al Fsn passerà dal 6,04% del 2025 al 6,16% nel 2026, per poi scendere progressivamente fino al 5,93% nel 2028.
"Se le cifre assolute riescono ad abbagliare l’opinione pubblica – ha commentato Cartabellotta – cambiando prospettiva emergono i tagli invisibili nel quadriennio 2023-2026. Nonostante gli aumenti nominali, la sanità ha perso in quattro anni l’equivalente della prossima legge di bilancio".
Secondo la Fondazione Gimbe, cresce anche il divario tra Fsn e previsioni di spesa sanitaria: nel 2026 il gap è di 6,8 miliardi, nel 2027 di 7,6 miliardi e nel 2028 di 10,7 miliardi. "Un differenziale che non può essere colmato dalle risorse delle Regioni, costrette a ridurre servizi o aumentare imposte locali – osserva Cartabellotta –. In questo modo lo Stato viene meno alla propria competenza esclusiva di garantire i Livelli essenziali di assistenza (Lea)".
Tra le anomalie evidenziate, oltre 430 milioni di euro delle misure del 2026 derivano da fondi già stanziati con la Legge di bilancio 2025, destinati ad assunzioni e prestazioni aggiuntive. "È insolito che una quota così rilevante delle risorse per assunzioni e prestazioni aggiuntive derivi da fondi già impegnati: un segnale che il rilancio delle politiche del personale resta, di fatto, sulla carta", sottolinea Cartabellotta.
Per far fronte alla situazione, Gimbe propone un rifinanziamento progressivo del Ssn, accompagnato da riforme strutturali. Tra le misure suggerite:
1. Tassa di scopo su prodotti nocivi alla salute (tabacco, alcol, gioco, bevande zuccherate) e imposte su extraprofitti e redditi elevati.
2. Revisione dei confini tra spesa pubblica e privata, con aggiornamento dei Lea e riforma della sanità integrativa.
3. Piano nazionale di disinvestimento da sprechi e inefficienze, con riallocazione delle risorse su servizi sottoutilizzati.
"Il tempo di rimboccarsi le maniche è quasi scaduto – ha concluso Cartabellotta –. Senza un vero potenziamento del Ssn sostenuto da risorse adeguate e da riforme coraggiose, assisteremo al declino della sanità pubblica, con effetti sulla coesione sociale e sulla tenuta democratica del Paese".