Ad oggi, gli uomini sottoposti a screening attraverso la misurazione dei livelli di Psa hanno avuto una significativa riduzione della mortalità neoplastica. A causa della sua bassa specificità, tuttavia, questa pratica porta spesso a biopsie frequenti, non necessarie e invasive e alla diagnosi di cancro di basso grado. Mentre le biopsie guidate con risonanza magnetica multiparametrica possono migliorare la diagnosi dei tumori della prostata di grado 2, l'implementazione diffusa rimane impegnativa. L'uso di biomarcatori non invasivi per stratificare il rischio di cancro alla prostata può essere un'opzione più pratica.

Il National Comprehensive Cancer Network propone un test composto da sei biomarcatori del sangue e delle urine per tutti i gradi di cancro alla prostata e supera il test del Psa. Tuttavia, la pratica attuale si concentra sull'individuazione dei tumori di alto grado. È stato ipotizzato che l'aumento del numero di biomarcatori, includendo molecole specificamente espresse nei tumori prostatici aggressivi di alto grado, potrebbe migliorare l'accuratezza del test. Sulla base dell'identificazione di nuovi geni sovraespressi nei tumori di alto grado, è stata utilizzata una tecnica di reazione a catena della polimerasi (Pcr) mirata a 54 marcatori candidati per sviluppare un test ottimale di 18 geni che potrebbe essere utilizzato prima dell'imaging (con risonanza magnetica) e della biopsia e per valutare se queste ultime procedure sono giustificate.

 

Coorte di sviluppo

Nella coorte di sviluppo (n = 815; età mediana, 63 anni), l'analisi Pcr quantitativa (qPcr) dei 54 geni candidati è stata eseguita su campioni di urina che erano stati raccolti in modo prospettico prima della biopsia a seguito di un esame rettale digitale. Sono stati esclusi i pazienti con carcinoma prostatico precedentemente diagnosticato, risultati anomali della risonanza magnetica e quelli che avevano già subito una biopsia prostatica.

I livelli di Psa dei partecipanti variavano da 3 a 10 ng/mL. Risultati validi della qPcr sono stati ottenuti da 761 partecipanti (93.4%). Successivamente, la biopsia prostatica ha rivelato un cancro di grado 2 o superiore in 293 partecipanti (38.5%).

Pertanto, è stato sviluppato un test delle urine chiamato MyProstateScore 2.0 (MPsa), con due formulazioni: MPsa2 e MPsa2+, a seconda che sia stato considerato o meno il volume della prostata. Il modello di sviluppo finale di MPsa2 includeva dati clinici e 17 dei marcatori più informativi, tra cui nove specifici per il cancro, che erano associati al gene di riferimento KLK3.

 

Validazione e analisi

In sintesi i risultati hanno mostrato che il nuovo test delle urine, che include, per la prima volta, marcatori specificamente sovraespressi nel cancro alla prostata di alto grado, ha una sensibilità del 95% per il carcinoma prostatico di alto grado. Per i medici, l'uso diffuso di Mps2 potrebbe ridurre notevolmente il numero di biopsie non necessarie, mantenendo un alto tasso di rilevamento del cancro alla prostata di grado 2 o superiore.

Tra i pazienti che hanno avuto una prima biopsia negativa, Mps2 avrebbe una sensibilità del 94.4% e una specificità del 51%, che è molto più alta di altri test come il gene dell'antigene 3 del cancro alla prostata, il modello a tre geni e la Mps. Inoltre, nei pazienti con carcinoma prostatico di grado 1, i marcatori urinari per il cancro di alto grado potrebbero indicare l'esistenza di un tumore più aggressivo che richiede un maggiore monitoraggio.

In conclusione, un test delle urine a 18 geni sembra essere più rilevante per la diagnosi di cancro alla prostata di alto grado rispetto ai test esistenti. Potrebbe impedire ulteriori esami di imaging o biopsia nel 35%-41% dei pazienti. Pertanto, l'uso di tali test in pazienti con alti livelli di Psa potrebbe ridurre i potenziali rischi associati allo screening del cancro alla prostata, preservandone i benefici a lungo termine.

 

Bibliografia

Tosoian JJ, et al. EDRN-PCA3 Study Group. Development and Validation of an 18-Gene Urine Test for High-Grade Prostate Cancer. JAMA Oncol 2024. doi: 10.1001/jamaoncol.2024.0455.

Intervista


Presente e futuro del trattamento dell’infezione da HIV
Antonella Castagna
Primario Unità di Malattie Infettive
IRCCS Ospedale San Raffaele Turro, Milano
Direttore Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e Tropicali
Università Vita-Salute San Raffaele, Milano

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