
L'iperaldosteronismo primario rappresenta una delle cause endocrine più comuni, ma sorprendentemente spesso non riconosciute, dell'ipertensione. Si stima che questa condizione colpisca tra il 5% e il 14% dei soggetti ipertesi nelle cure primarie e fino al 29,8% nei centri di riferimento specializzati. Ciò che rende l’iperaldosteronismo primario un nemico silenzioso è che nella maggior parte dei casi rimane non diagnosticato o viene diagnosticato erroneamente fino al 95% delle volte.
Quando l’iperaldosteronismo primario non viene riconosciuto e quindi non trattato, le conseguenze possono essere gravi. È associato a un scarso controllo della pressione arteriosa e aumenta significativamente il rischio di morbilità e mortalità a causa di danni, mediati dall'aldosterone, agli organi bersaglio. Tra le complicanze più comuni vi sono malattie cardiache, ictus, fibrillazione atriale e danno renale. Spesso, l'unico segnale è l'ipertensione, che può essere resistente alle terapie standard.
Per questo motivo, lo screening è fondamentale. Le linee guida più recenti raccomandano un semplice test di screening del sangue, ampiamente accessibile ed efficace nel rilevare oltre il 90% dei casi. Il test misura i livelli di aldosterone e renina. Tuttavia, solo una piccola percentuale di individui con iperaldosteronismo primario riceve una diagnosi e un trattamento appropriati. Se i risultati dello screening sono suggestivi, sono necessari ulteriori test di conferma e, talvolta, la consulenza di un endocrinologo.
Le opzioni di gestione dell’iperaldosteronismo primario sono diverse e possono variare in complessità. Le strategie terapeutiche mirate includono la terapia medica specifica con antagonisti del recettore dei mineralocorticoidi (Mra) o l'intervento chirurgico di surrenectomia. La scelta dipende dalle risorse sanitarie disponibili, dalle caratteristiche specifiche del paziente e dalle preferenze individuali.
Terapia medica versus terapia chirurgica
La terapia chirurgica (surrenectomia) è associata a un migliore controllo della pressione arteriosa, a un minor numero e dosaggio di farmaci antipertensivi. Ha mostrato risultati superiori nella riduzione del rischio di ictus, insufficienza cardiaca e mortalità per tutte le cause rispetto alla terapia medica. Per l’iperaldosteronismo primario unilaterale, la surrenectomia può portare alla risoluzione della condizione.
La terapia medica con Mra è il trattamento standard per l’iperaldosteronismo primario bilaterale o per i pazienti che non desiderano sottoporsi a chirurgia. Studi hanno indicato che, rispetto alla chirurgia, la terapia medica può essere meno efficace nel migliorare l'ipertensione e può essere associata a esiti avversi più frequenti.
Effetti collaterali
La terapia medica, in particolare con spironolattone, è stata associata a un aumento del rischio di eventi avversi legati al farmaco, come ginecomastia, disfunzione erettile e disturbi mestruali, dovuti al suo antagonismo del recettore androgenico. La chirurgia, d'altro canto, comporta rischi quali l'emorragia surrenale.Per distinguere tra iperaldosteronismo primario unilaterale e bilaterale, cruciale per la decisione terapeutica, si utilizzano l'Adrenal Venous Sampling (Avs) e la tomografia computerizzata (Tc). L'Avs è una procedura complessa e costosa, non sempre disponibile o di successo. La diagnosi basata sulla Tc da sola potrebbe non essere accurata, specialmente in assenza di adenoma surrenalico chiaro. Le decisioni terapeutiche basate solo sulla Tc sono state associate a un tasso inferiore di remissione dell’iperaldosteronismo primario rispetto a quelle guidate dall'Avs. L'Avs, tuttavia, è stata associata a un aumentato rischio di emorragia surrenale rispetto alla sola Tc.
Riguardo ai farmaci Mra, lo spironolattone è un Mra più potente e di lunga durata, spesso utilizzato. Rispetto all'eplerenone, può essere associato a un migliore controllo dell'ipokaliemia e a una minore intensità di gestione dell'ipertensione. L'eplerenone è meno potente, con un'azione più breve, ma non ha gli effetti collaterali antiandrogenici dello spironolattone. Un nuovo Mra non steroideo, il finerenone, ha dimostrato un'efficacia comparabile allo spironolattone nel controllo della pressione sanguigna e dell'ipokaliemia, con un profilo di sicurezza favorevole.
Infine, il livello di renina gioca un ruolo importante. Nei pazienti trattati con Mra, una persistente soppressione dell'attività reninica plasmatica è stata associata a un maggior fabbisogno di farmaci antipertensivi, a ipokaliemia persistente e a un aumentato rischio di ictus, fibrillazione atriale e mortalità. Al contrario, una renina non soppressa è correlata a un migliore controllo dell'ipokaliemia.
È importante sottolineare che la certezza complessiva delle evidenze disponibili è prevalentemente bassa o molto bassa, spesso a causa della natura osservazionale degli studi inclusi, delle piccole dimensioni dei campioni e della variabilità metodologica. Pertanto, mentre si possono osservare alcune tendenze, le conclusioni devono essere interpretate con cautela. Sono necessari studi clinici randomizzati di alta qualità per fornire prove più affidabili e supportare decisioni cliniche più solide.
In sintesi, l’iperaldosteronismo primario è come un ladro silenzioso della salute cardiovascolare: agisce senza sintomi evidenti, minando progressivamente cuore e reni attraverso l'ipertensione. Identificarlo e trattarlo specificamente, sia con farmaci mirati sia, quando appropriato, con un intervento chirurgico, è fondamentale per disinnescare questa minaccia e ristabilire l'equilibrio.
Bibliografia
Farah MH, et al. A Systematic Review Supporting the Endocrine Society Clinical Practice Guideline on Management of Primary Aldosteronism. J Clin Endocrinol Metab 2025. https://doi.org/10.1210/clinem/dgaf290
Intervista

Le sfide della cardioncologia, dalla prevenzione alla diagnosi precoce
Alberto Paolo Barosi
Direttore Unità di Cardiologia
Istituto Nazionale dei Tumori, Milano