Si tratta di un anticorpo monoclonale che si lega alla proteina IL-13 ad alta affinità per prevenire specificatamente la formazione del complesso eterodimero IL-13Rα1/IL-4Rα e la successiva segnalazione, inibendo così gli effetti biologici di IL-13, citochina che guida il ciclo infiammatorio cutaneo. Il primo paese a effettuare il lancio sarà la Germania. Nel corso del 2024, la Società proseguirà il lancio sul mercato in altri Paesi europei. Lebrikizumab è un anticorpo monoclonale che si lega alla proteina IL-13 ad alta affinità per prevenire specificatamente la formazione del complesso eterodimero IL-13Rα1/IL-4Rα e la successiva segnalazione, inibendo così gli effetti biologici di IL-13. La citochina IL-13 è fondamentale nella dermatite atopica in quanto guida il ciclo infiammatorio di tipo 2 nella pelle e porta a disfunzioni della barriera cutanea, causando prurito, ispessimento cutaneo e possibili infezioni. Lebrikizumab rappresenta un passo avanti significativo in pazienti affetti da dermatite atopica da moderata a grave non controllata con terapia topica, grazie al meccanismo di azione mirato, efficacia e sicurezza comprovate a breve e lungo termine e dimostrate fino a 2 anni nonché al dosaggio mensile di mantenimento per tutti i pazienti. “L’approvazione di lebrikizumab da parte della CE per pazienti affetti da DA da moderata a grave amplia la gamma di opzioni terapeutiche disponibili per la cura di questa patologia impegnativa e complessa. Siamo fiduciosi che grazie alla sua comprovata efficacia, con il dosaggio mensile di mantenimento e il profilo di sicurezza nel breve e medio periodo, abbia il potenziale per diventare una terapia biologica di prima linea. L’approvazione di questo prodotto evidenzia l’impegno di Almirall nella ricerca di terapie innovative che possono apportare una differenza significativa della qualità della vita delle persone affette da patologie dermatologiche," ha dichiarato Volker Koscielny, Chief Medical Officer di Almirall.
“L’arrivo di nuovi trattamenti biologici segna una pietra miliare nella gestione di questa patologia: fino a ieri avevamo a disposizione strategie terapeutiche limitate, soprattutto se confrontate con le terapie al momento approvate per altre patologie dermatologiche, quali la psoriasi. L’introduzione di lebrikizumab rappresenta una opzione terapeutica efficace e sicura. Come dimostrato dai risultati di studi clinici, la gran parte dei pazienti trattati ha riscontrato una importante riduzione delle lesioni cutanee, sollievo dal prurito e una riduzione della gravità della malattia. Da un punto di vista clinico, l’approvazione di lebrikizumab rappresenta la possibilità di migliorare la gestione della malattia e creare un impatto significativo nella vita dei pazienti affetti da dermatite atopica, offrendo nuove speranze e migliori prospettive per il loro benessere”, ha dichiarato il Professore Antonio Costanzo, Direttore dell'Unità operativa di Dermatologia Humanitas.

Gli studi che hanno portato all'approvazione del farmaco
L’approvazione si basa su tre studi registrativi di fase 3 tra cui ADvocate 1 e ADvocate 2, che hanno valutato lebrikizumab in monoterapia e ADhere che ha valutato lebrikizumab in combinazione con corticosteroidi topici (TCS), in pazienti adulti e adolescenti con dermatite atopica da moderata a grave. Lebrikizumab ha dimostrato un’efficacia clinica rapida in monoterapia alla settimana 16,, ha fatto rilevare una riduzione dell’estensione e gravità della patologia pari almeno al 75% (EASI-75) in quasi 6 pazienti su 10. Lebrikizumab in combinazione con corticosteroidi topici, ha raggiunto tale risultato in quasi 7 pazienti su 10. Alla settimana 16, quasi l’80% dei responder che hanno proseguito il trattamento con lebrikizumab, sia in monoterapia che combinato con TCS fino a due anni, ha riscontrato una riduzione costante delle lesioni cutanee, sollievo dal prurito e una riduzione della gravità della patologia con un dosaggio mensile di mantenimento. Il programma di sviluppo clinico di fase 3 ha anche valutato il profilo di sicurezza di lebrikizumab. La maggior parte degli eventi avversi (AE) nel corso degli studi sono stati di intensità lieve o moderata e non hanno comportato l’interruzione del trattamento. Le reazioni avverse più comuni sono state congiuntivite, reazioni nel sito di iniezione, congiuntivite allergica e secchezza oculare.

Intervista


Presente e futuro del trattamento dell’infezione da HIV
Antonella Castagna
Primario Unità di Malattie Infettive
IRCCS Ospedale San Raffaele Turro, Milano
Direttore Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e Tropicali
Università Vita-Salute San Raffaele, Milano

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