
In un recente studio di coorte pubblicato su JAMA Network Open, gli inibitori SGLT2 hanno dato prova di essere in grado di ridurre significativamente il rischio di morte, di eventi avversi renali maggiori (MAKE) e di eventi cardiovascolari avversi maggiori (MACE) nelle persone con diabete di tipo 2 e malattia renale acuta.
Rispetto ai non utilizzatori, i soggetti che assumevano inibitori SGLT2 hanno avuto un tasso di mortalità per tutte le cause a 5 anni del 9% contro il 18.7%, che si è tradotto in un rischio di mortalità inferiore del 31% (HR aggiustato 0.69) rispetto a una mediana di 2.3. Dopo un anno di follow-up, gli autori hanno scoperto che l’assunzione degli inibitori SGLT2 avevano anche tassi significativamente più bassi per MAKE (9.5% vs 21%) e MACE (13.5% vs 25.8%), che hanno rispettivamente determinato rischi inferiori del 38% (aHR 0.62) e del 25% (aHR 0.75).
“Dato che l'attuale gestione della malattia renale acuta si basa principalmente su approcci conservativi, come il monitoraggio, l'aggiustamento dei farmaci e la riduzione al minimo delle procedure o dei trattamenti che stressano i reni, si osserva una notevole assenza di farmacoterapia mirata da offrire a questi pazienti”, ha commentato il primo autore dello studio. Aggiungendo che “questa classe di farmaci è già stata consolidata per rallentare il declino della funzionalità renale e il rischio di morte nei soggetti con malattia renale cronica. Al momento, alcuni inibitori SGLT2 approvati dalla FDA hanno indicazioni nella protezione del diabete, dei reni e del sistema cardiovascolare, tra cui empagliflozin, dapagliflozin e canagliflozin”.
I risultati attuali rafforzano la tesi secondo cui questa classe di farmaci apporta benefici anche ai pazienti con malattia renale acuta. “Dato il potenziale contributo della malattia renale acuta all’aumento del carico di MACE e MAKE, è fondamentale che i medici prendano in considerazione l’utilizzo degli inibitori SGLT2 per affrontare questa crescente preoccupazione per la salute pubblica”, ha commentato ancora l’autore.
I ricercatori hanno identificato 230.366 pazienti con malattia renale acuta (età media 67.1 anni); in questa popolazione di pazienti, solo 5.319 (2.3%) assumevano un inibitore SGLT2, che l’autore ha definito un numero "relativamente basso", soprattutto considerando il fatto che le attuali linee guida raccomandano l'uso di inibitori SGLT2 in pazienti con malattia renale esistente. “Ciò sottolinea, ha aggiunto ancora, la necessità di una maggiore consapevolezza e di una maggiore considerazione di questa questione critica nel processo decisionale clinico”.
I criteri di inclusione includevano una diagnosi di diabete di tipo 2 e l'aver ricevuto dialisi durante il ricovero. I MAKE sono stati definiti come nuova dialisi, dipendenza dalla dialisi o mortalità, mentre i MACE sono stati definiti come infarto cerebrale, ictus emorragico, infarto miocardico acuto, shock cardiogeno o mortalità.
Al basale, le persone che assumevano inibitori SGLT2 avevano livelli/valori medi leggermente più alti di HbA1c (8.4% vs 7.9%), eGFR (76.9 vs 73.9 mL/min/1.73 m2) e BMI (32.3 vs 30.4). Un numero maggiore di utilizzatori di SGLT2 assumeva anche Ace-inibitori e bloccanti del recettore dell'angiotensina.
Nonostante i numerosi benefici protettivi degli inibitori SGLT2 in questa popolazione, i ricercatori hanno riscontrato un rischio più elevato di chetoacidosi diabetica (AHR 1.36) e di fratture osteoporotiche (AHR 1.39).
Quando i ricercatori hanno esaminato sottogruppi specifici, hanno scoperto che la riduzione del rischio di mortalità veniva osservata indipendentemente dal fatto che i pazienti assumessero anche insulina, bloccanti del sistema renina-angiotensina-aldosterone o diuretici. I pazienti con malattia renale più avanzata, senza ipertensione e quelli che non assumevano altri agenti diabetici avevano una maggiore riduzione della mortalità e del rischio MAKE.
Questo gruppo di ricercatori ha recentemente condotto una meta-analisi di rete e ha scoperto che l'uso di empagliflozin o dapagliflozin ha prodotto una protezione renale superiore nei pazienti con diabete e ha anche ridotto significativamente il rischio di danno renale acuto. L'incidenza della malattia renale acuta successiva a danno renale acuto è di circa il 33.6% e può verificarsi senza un precedente danno renale acuto identificabile. Lo sviluppo di malattia renale acuta è associato ad un aumento del rischio di malattia renale cronica, dialisi e mortalità.
I ricercatori hanno notato che la maggior parte dei pazienti inclusi erano bianchi, il che potrebbe limitare la generalizzabilità dei risultati ad altri gruppi razziali ed etnici. Inoltre, anche le differenze di base nelle comorbilità degli utenti SGLT2 e nell’uso di farmaci potrebbero aver influito sui risultati.
Bibliografia
Pan H-C, et al. Sodium-glucose cotransport protein 2 inhibitors in patients with type 2 diabetes and acute kidney disease. JAMA Netw Open 2024; DOI: 10.1001/jamanetworkopen.2023.50050
Intervista
Presente e futuro del trattamento dell’infezione da HIV
Antonella Castagna
Primario Unità di Malattie Infettive
IRCCS Ospedale San Raffaele Turro, Milano
Direttore Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive e Tropicali
Università Vita-Salute San Raffaele, Milano