Segni conclamati quali febbre, tosse e perdita dell'olfatto o del gusto costituiscono un insieme di sintomi troppo ristretto per poter individuare i casi più lievi. Per ovviare a questo problema i clinici suggeriscono un ampliamento dei sintomi di prima linea, frutto di una collaborazione internazionale.

Non si contano più gli organi e tessuti che hanno mostrato il fianco al virus SARS-CoV-2 con conseguenze anche a lungo termine. Tra questi anche le ossa, al centro di una sessione del Congresso CUEM 2021, in modalità online dall’1 al 3 luglio: l’88% dei soggetti con fratture vertebrali ha richiesto ricovero ospedaliero.

Qual è la procedura più appropriata per identificare le persone anziane più a rischio di caduta e per specificare, una volta eseguito il test, la probabilità di evento? L'analisi del follow-up di un gruppo di adulti di età compresa tra 80 e 102 anni ha dimostrato che il BESTest e il Mini-BESTest sono i migliori performer nella previsione del rischio di cadute in caso di test positivo (70%), seguiti dal TUG test (66%) e dalla velocità di camminata (63%).

I recettori per il gusto amaro presenti sulla lingua sono stati associati all'immunità naturale nei confronti di patogeni che possono invadere sia il naso sia i seni nasali. Uno studio ha evidenziato che i soggetti con una bassa capacità di identificare il gusto amaro avrebbero maggiori probabilità di essere infettati da SARS-CoV-2 rispetto a chi invece dispone di questi recettori.

L'esposizione al fumo passivo, sia durante l'infanzia che in età adulta, è stata associata a sostanziali aumenti del rischio di artrite reumatoide: lo sostengono i risultati dello studio E3N-EPIC, presentato all'annuale convegno EULAR. L'artrite reumatoide è una malattia complessa, multifattoriale e autoimmune dove l'ambiente pare che interagisca con fattori genetici che innescano l'autoimmunità, ha affermato l'autore dello studio durante la presentazione dei dati.

La poliposi nasale colpisce circa il 2-4% della popolazione. Sebbene poco conosciuta e spesso considerata di lieve entità può manifestarsi in forme gravi che hanno un forte impatto sulla qualità della vita e richiedono interventi chirurgici multipli e terapie croniche con cortisone.

I pazienti ospedalizzati per Covid-19, cui sono stati diagnosticati sintomi neurologici collegati alla malattia, hanno sei volte più probabilità di morire in ospedale rispetto a quelli senza complicazioni neurologiche. Questa la principale evidenza di uno studio su scala globale del Global Consortium Study of Neurologic Dysfunction in Covid-19 (GCS-NeuroCovid), condotto per raccogliere e analizzare dati sull'incidenza, la gravità e gli esiti delle manifestazioni neurologiche del Covid-19.