È stato stimato il rischio cumulativo di Covid-19 fatale o che richiede ricovero in unità di terapia intensiva nei pazienti con diabete, confrontandolo con quello dei soggetti senza diabete. Lo 0.3% della popolazione con diabete ha sviluppato Covid-19 fatale o è stato ricoverato in terapia intensiva, contro lo 0.1% della popolazione senza diabete. Inoltre la presenza di diabete fa sì che i pazienti presentino un rischio più elevato di complicazioni correlate a Covid-19 e richiedano speciali interventi di prevenzione e trattamento.

A dieci anni dall’entrata in vigore della legge 38 sono ancora molti i gap da colmare per garantire a tutti i cittadini un accesso equo alla terapia del dolore. Il “Manifesto sul dolore” condiviso da un gruppo di esperti e rappresentanti delle Istituzioni individua 4 aree di miglioramento: la raccolta dei dati relativi al paziente con dolore cronico; il rafforzamento del network fra i clinici; la formazione del personale medico; la promozione di una “cultura” del dolore cronico, attraverso corretta informazione ed empowerment del cittadino.

I risultati di un recente studio sembrano indicare che, nei pazienti Covid,la presenza di grandi cambiamenti nel microbioma intestinale sarebbero correlati alla gravità dell'infezione. In particolare si è osservata una riduzione della quota di quei ceppi batterici che forniscono meccanismi per il controllo delle infezioni, suggerendo che il Coronavirus estende i suoi effetti anche sull’ambiente intestinale.

I pazienti che hanno superato il Covid-19 spesso, a distanza di tempo dalla guarigione e dalla dimissione dall’ospedale, lamentano rallentamento, stanchezza mentale, mancanza di lucidità e fatica nelle attività quotidiane come lavorare, guidare la macchina o fare la spesa. Un recente studio italiano riporta la valutazione delle funzioni cognitive a distanza di 5 mesi dalla dimissione dall’ospedale in un gruppo di pazienti precedentemente ospedalizzati tra i 22 ed i 74 anni, senza disturbi della memoria o dell’attenzione prima del ricovero.

Un recente studio pubblicato sul Journal of Diabetes ha rilevato che la sindrome metabolica è un indicatore prognostico migliore per gli esiti gravi nei pazienti con Covid-19 rispetto ai suoi singoli componenti. Gli adulti con sindrome metabolica ospedalizzati con Covid-19 avevano maggiori probabilità di mortalità, ricovero in terapia intensiva e ventilazione meccanica.

All’inizio della pandemia le pagine dedicate alla malattia erano pagine intonse che tuttavia, con il proseguire delle osservazioni, si sono via via riempite di annotazioni e segnalazioni che definiscono una complessa e variegata serie di quadri sintomatologici di questa sindrome clinica. Per ora l’ultimo in ordine di apparizione è il coinvolgimento orale che riguarderebbe poco più del 10% dei casi con scolorimento e/o ingrossamento della lingua e presenza di ulcerazioni.

I tassi di attacchi di asma osservati negli ambulatori medici sono diminuiti significativamente durante il primo lockdown della pandemia Covid-19: lo annuncia un recente studio dal quale è emerso che livelli più bassi di inquinamento atmosferico, un minor numero di episodi di raffreddore e influenza e la paura di sottoporsi a interventi chirurgici sono le possibili ragioni in grado di spiegare il il calo del 20% dei casi visti negli ambulatori medici.