In Italia il controllo glicemico tra i pazienti con diabete di tipo 1 (T1D) è migliorato durante il blocco della pandemia: lo rivela uno studio italiano che ha incluso soggetti con diabete di tipo 1 che durante questo periodo avevano interrotto l’attività lavorativa.
Il super archivio STORM dei pazienti Covid-19, coordinato dall'Università di Milano-Bicocca in sinergia con l'ASST di Monza, alla base di una ricerca pubblicata su Science che suggerisce nuove prospettive per gli interventi terapeutici.
La riduzione del livello degli estrogeni associata alla menopausa è un fattore di rischio, ma uno studio condotto da un gruppo di ricercatrici del Cnr-Ibbc mette in luce che gli stessi ormoni, sin dalla prima fase dello sviluppo, potrebbero favorirne l’insorgenza. Gli estrogeni tendono infatti a sfavorire nelle donne l’utilizzo dell’ippocampo, la struttura cerebrale deputata alla formazione della memoria a lungo termine e all’orientamento spaziale.
Essere giovane non rende immuni dagli effetti più gravi della Covid-19: lo sottolinea la revisione di un ampio database sanitario dalla quale emerge che una minoranza sostanziale di questi pazienti andava incontro a gravi esiti clinici. Circa il 3% degli adulti, di età compresa tra 18 e 34 anni, che sono stati ricoverati in ospedale con Covid-19 è morto, il 21% ha richiesto cure intensive e nel 10% dei casi è stato necessario il ricorso alla ventilazione meccanica.
Le possibili conseguenze del rinvio degli screening del cancro del colon-retto dovuto alla pandemia di Covid-19: i risultati di uno studio recente indicano che un ritardo di oltre 4-6 mesi porterebbe a un aumento dei casi di malattia diagnosticati a uno stadio avanzato; oltre i 12 mesi si arriverebbe anche a un aumento della mortalità.
I pazienti con Covid-19 e obesità hanno una carica virale più elevata e in questi soggetti il virus sembra persistere più a lungo. In occasione dell’European and International Congress on Obesity (ECOICO) 2020 sono stati presentati alcuni dati a conferma dell’affermazione.
Chi è carente di vitamina D potrebbe essere a maggior rischio di contrarre il nuovo coronavirus rispetto ai soggetti con livelli sufficienti: lo si legge in un nuovo studio retrospettivo pubblicato su JAMA Network Open. Dai risultati è, infatti, emerso che i individui con carenza di vitamina D non trattata avevano quasi il doppio delle probabilità di risultare positivi per Covid-19 rispetto ai loro coetanei con livelli adeguati di vitamina D.