Se nelle nazioni più ricche si è raggiunta una elevata diffusione della vaccinazione contro il Covid, non si può dire lo stesso per molti paesi meno ricchi, che devono ancora affrontare le difficili scelte di stabilire quali sono i gruppi di persone che dovrebbero essere i primi a ricevere i vaccini in caso di scorte limitate.
Chi si infetta dopo la vaccinazione riduce del 49% il rischio di sviluppare coaguli di sangue e del 56% le probabilità di danno ai polmoni rispetto a chi non è vaccinato. Sugli altri sintomi del Covid lungo i vaccini sono meno efficaci. Questi sono alcuni dei dati emersi da uno studio pubblicato su Nature Medicine.
L'Università Cattolica di Lovanio (UCLouvain) in Belgio ha annunciato che i suoi ricercatori sono riusciti a identificare la “chiave” che consente al virus SARS-CoV-2 di attaccare le cellule. Inoltre, sono riusciti a bloccare questa via di accesso, impedendo così l’interazione virus-cellula e prevenendo in tal modo l'infezione.
I dati più recenti del report dell’ISS delineano una situazione assai poco incoraggiante: aumento del numero di fumatori (1 italiano su 4 fuma), importanti numeri relativi alle morti causate dal fumo di sigaretta, incremento dell’incidenza del cancro nelle donne. “L’aumento dei fumatori rilevato dal report è un segnale che desta preoccupazione. Necessario attivare azioni di prevenzione a partire dai più giovani” dice Silvio Brusaferro, presidente dell’ISS.
Mentre gli Stati Uniti emergono dalla recente ondata di Omicron sono in molti a sperare che il peggio sia passato. Immunità diffusa indotta da vaccini e infezioni, combinata con la disponibilità di terapie efficaci, potrebbe attenuare gli effetti di futuri focolai. Tuttavia, è tempo di accettare che la presenza di SARS-CoV-2 sarà la nuova normalità e nel prossimo futuro probabilmente circolerà a livello globale come molti altri virus respiratori. E probabilmente richiederà una considerazione annuale destinata agli aggiornamenti sulla composizione del vaccino.
Una nuova combinazione di due anticorpi monoclonali riduce dell’83% il rischio di malattia. Di Perri, Responsabile della Divisione Malattie Infettive all’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino: “Una singola dose offre una protezione duratura, per almeno 6 mesi. Fondamentale tutelare le persone con sistema immunitario compromesso”. Ma non ci devono essere differenze territoriali nell’accesso alla prima opzione farmacologica in grado di ridurre le probabilità di sviluppare la patologia sintomatica.
Il Nurses’ Health Study e l'Health Professionals Follow-Up Study hanno fornito preziose informazioni provenienti da due coorti di soggetti che sono stati seguiti per 30 anni. Il trial ha valutato il rischio di malattie cardiovascolari (CVD) negli individui che mangiavano due o più porzioni di avocado a settimana rispetto a quelli che non ne mangiava nessuna. Ed è emerso che il consumo di questo frutto si associa a un rischio inferiore del 16% di CVD e un rischio inferiore del 21% di malattia coronarica.