La prevenzione delle patologie è strategica per diminuire il carico di malattia sugli individui e sui sistemi sanitari. Per quello che riguarda il diabete però, nonostante la ricerca abbia consegnato alcune conoscenze riguardo ai meccanismi molecolari che regolano la glicemia, non è ancora noto quale sia la ‘sequenza’ di eventi che si scatenano in diversi organi.
L’impatto epidemiologico, sanitario e sociale delle principali malattie respiratorie vaccino-prevenibili nell’anziano, fotografato nel corso del Convegno di Italia Longeva, mette in luce l’improrogabile necessità di puntare alla ‘presa in carico vaccinale’ per aumentare le coperture e ridurre disabilità e decessi.
Gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio-2 (Sglt-2) impiegati nella terapia del diabete di tipo 2 potrebbero prevenire la demenza, fornendo maggiori benefici con un trattamento più lungo: è quanto suggerisce n ampio studio pubblicato sul British Medical Journal.
Uno studio pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology ha eseguito un’analisi costo-utilità (Cua) confrontando un intervento combinato di dieta mediterranea e attività fisica con le cure abituali nei pazienti con malattia cardiovascolare (Cvd). La Cua aveva una prospettiva sanitaria e un orizzonte di vita. Costi e utilità sono stati stimati utilizzando una microsimulazione su una coorte di 100.000 pazienti con Cvd campionati dallo studio Utrecht Cardiovascolare Cohort—Secondary Manifestations of ARTerial Disease (n = 8947, età media 62 ± 8.7 anni e 74% maschi).
Sono aumentate, nel biennio 2022-2023, le segnalazioni dei casi di malattie batteriche invasive causate da Neisseria meningitidis (meningococco), Streptococcus pneumoniae (pneumococco) ed Haemophilus influenzae (emofilo), tre infezioni in gran parte prevenibili con vaccinazioni previste dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale, rispetto alla diminuzione nel numero di segnalazioni per i tre patogeni registrata nel biennio 2020-2021, influenzato dall’emergenza pandemica per Covid. Lo afferma il rapporto con i dati della sorveglianza appena pubblicato dall’Iss.
Le evidenze dalla pratica clinica italiana dimostrano che più basso è il livello di colesterolo Ldl raggiunto, minore è il rischio di nuovi eventi cardiovascolari. I pazienti arrivati a livelli di Ldl molto bassi (<di 23 mg/dL) hanno un profilo di rischio inferiore rispetto a chi ha livelli più alti di 61 mg/dL.
Discussa a Milano la rilevanza del problema in Lombardia e le strategie per una tempestiva diagnosi e cura. Dal 2025 questa infezione potrebbe tornare a essere la prima causa di decesso per singolo agente infettivo.